lessico (purtroppo) familiare

Fare squadra (variante: «lavoro di squadra»). Scendere in campo (ma da dove? E in quale campo? Per quale partita?). Fare sistema. Azienda Italia (srl, magari). Sistema Italia.
In queste parole d’ordine è tutto così semplice, ovvio e leggero. Stacchi il cervello e via col formulario.
Oggi, poi. Oggi, dopo quel che tutti chiamano la «vittoria» di Milano su Smirne, come se mancando – che jella – una guerra sotto mano occorresse inventarsene una su due piedi contro quei turchettini pieni di pretese.

Io non ne posso proprio più di queste parole d’ordine. La cosa che dà più fastidio è che nessuno capisce esattamente il loro senso e nessuno lo spiega, però queste espressioni invadono ogni possibile buco che non sia stato tappato da altri significati, probabilmente perché coprono un’area di meta-senso che evidentemente risponde a un bisogno compulsivo di appartenenza. Far finta di capire perfettamente che cosa significhino, tra l’altro, dà a tutti la possibilità di sentirsi intelligenti, almeno un po’.

Non riesco a spiegarmi diversamente, sennò, la serietà con cui gente che fino a dieci anni fa si occupava al massimo delle sue capre al pascolo adesso dica a ogni tre per due che bisogna competere sul mercato della globalizzazione. Oppure il senso dell’alone magico che circonda l’aggettivo «moderno», sospettosamente tornato in auge proprio quando stava cominciando a piacermi il senso della parola «contemporaneo», che almeno ha il pregio di significare effettivamente qualcosa di inequivoco se non altro per il suo riferimento alla simultaneità.

Postilla apparentemente scollegata. Ho letto questa cosa: per via di quella sua idea di tagliare 5.000 leggi (non è che magari, anche solo per buon vicinato, mi dice anche grossomodo quali?) Veltroni ha detto che i cittadini italiani hanno il diritto alla semplicità.

Va bene: aver leggi complicate e burocrazie insolenti e spendere vite a rispondere alle richieste di documentazione che arrivano da enti e istituzioni è una gran rottura. Va bene. Ma cosa c’entra il diritto alla semplicità? In che modo il diritto alla semplicità (che razza di espressione) è una cosa diversa dal diritto di un cittadino ad essere riconosciuto per tale e non – faccio per dire – come suddito?

Per favore, Veltroni: quarantott’ore senza stronzate new age. Forza, si può fare. Vuoi?