il fucile del sovrano per la nostra libertà

Va così: per un commento che m’inquieta, D’Avanzo ne fa subito dopo un altro che convidido, e cionondimeno mi inquieta ugualmente.
Scrive D’Avanzo oggi su Repubblica che nella possibilità concessa all’esercito – all’esercito, gente. All’e-s-e-r-c-i-t-o; non so se è chiaro – di fermare i cittadini c’è uno «slittamento del legittimo esercizio del potere verso un arbitrario diritto della forza», nel quale è impossibile «non avvertire il rischio che chiunque dissenta sia considerato un “criminale” perché avversario di una “decisione assoluta” che sola può assicurare la “governabilità” e l’uscita dalla crisi».

Poco più sopra, diceva che la presenza dell’esercito «si fa intimidazione. Non solo per chi trasgredisce, ma per tutti coloro che non credono “democratico” che il governo sostenga le sue decisioni con la violenza».
Il commento va letto tutto, anche se riconosco che prima di essere arrivati a finire la seconda frase viene già la pelle d’oca dalla paura.

Chiacchierando con non mi ricordo più chi, prima delle elezioni, l’interlocutore e io concordavamo sul fatto che se c’è qualcosa che, in questo momento, può rappresentare un argine all’arbitrio delle nuove e «moderne» forme di fascismo, quel qualcosa poteva essere – istituzionalmente – solo la Ue.

Lo so che il Trattato di Lisbona non è esattamente quanto di meglio si poteva chiedere. Lo so che mortifica il lavoro, esalta il mercato in sé, limita il senso della rappresentanza; lo so. Ma ci sono situazioni in cui basta il pensiero. Il pensiero – specificamente – che ci sia qualcosa capace di fare da argine.

E che adesso dall’Irlanda arrivi un no anche a questo argine, con il plauso opportunista e scaltro della Lega, apre scenari che non mi piacciono per niente. Non solo per le strane alleanze che le nuove destre si possono inventare – anche se per puro opportunismo e per pura scaltrezza, magari – ma anche perché da questa straordinaria operazione di eradicazione dei punti fermi non si riesce a salvare più assolutamente niente.
Nemmeno quel poco di cui si era provvisoriamente pensato di potersi accontentare.
(Buon sabato, comunque).