la marini ha fatto un libro e io tendo a rosicare

Premessa: io manco completamente di stile.
Notizia: Valeria Marini ha scritto un libro.
Cioè.
Valeria Marini, con Gianluca Lo Vetro (giornalista che lavorava all’Unità), ha scritto un libro.
Il libro si intitola “Lezioni intime” e viene venduto insieme a un inserto chiuso e vietato ai minori.
Okay.
Fin qui i nudi fatti.

Nel libro, Valeria dice molte cose: che l’unico che ha aiutato Vittorio Cecchi Gori è stato Berlusconi; che a un certo punto lei aveva un ritardo mestruale di un mese e pur non avendo fatto un test di gravidanza lei sapeva che era incinta.
Ebbene: una sera, “dopo l’ennesima lite, ho avuto una tremenda emorragia. Non mi sono neanche fatta ricoverare…”.
Porca miseria: un’emorragia uterina, forse un aborto, e tu non ti fai ricoverare?
Ma com’è possibile? E se l’emorragia non ti liberava completamente l’utero? Ma lo sai che potevi morire?
La prima volta che dovette abortire aveva 14 anni, dice.
La seconda, poi, fu quando Cecchi Gori le disse “e adesso che sei incinta come facciamo ad andare in barca?”. Scrive lei (o Lo Vetro, o lei con Lo Vetro; non lo so): “Di comune accordo abbiamo deciso di interrompere la gravidanza”.

Posso dire – ormai lo sto dicendo – che a me dà un po’ fastidio vedere che siccome un libro l’ha scritto Valeria Marini (cioè: Valeria Marini con un altro), allora tutte le testate della stampa nazionale ci fanno uno stra-pezzo, anche se dice cose del tipo che ha abortito perché il suo fidanzato apparentemente ricco pensava che avere un figlio impedisse di andare in barca, e allora di comune accordo (come tutte le coppie ben cementate da autentico amore; mica come quelle tipe straccione che devono abortire perché i giostrai che le hanno “incintate” le coricano di mazzate) hanno deciso di interrompere la gravidanza?

Dice: la tua è invidia.
Al riguardo sono piuttosto possibilista, sì.
Può benissimo essere invidia.

Però, capperi, io il mio librettino me lo son scritto da sola!
Vabbè. Me ne farò una ragione.
(Ho scritto “capperi”: la situazione dev’essere grave)

Però nell’attesa di farmene una ragione un’altra cosa voglio dirla.
Nell’inserto chiuso, quello “hot”, c’è scritto che “le misure maschili contano”.

Vorrei far finta di non aver capito a quali misure faccia riferimento quest’affermazione così ellittica e beneducata, ma l’età non mi consente di esibire eccessi di ingenuità; sembrerebbero sospetti.
Però, Valeria: è forse rimasta in giro per il pianeta una donna più che trentenne – e tanto più dopo la sassaiola di cultura generale che sul tema hanno diffuso worldwide sei meritorie stagioni di Sex and The City – disposta a dar credito alla storiella rassicurante che “conta la capacità di utilizzo”?
Sembra una domanda inutile se non addirittura idiota, no?
Eppure, allora: perché, Valeria, hai ritenuto che – noi lettori, noi donne, noi destinatari della tua opera letteraria – avessimo bisogno di una tua parola definitiva intorno al tema?

Sì, credo di stare rosicando.
Mi tocca confessarlo.