brunetta, berselli e la brava gente

Siccome torno tardi dal lavoro e in questi giorni – causa riapertura della scuola – mi tocca svegliarmi presto, le mie capacità intellettive – gravemente compromesse dalla scarsità di sonno – faticano a percorrere le linee di faglia fra un pensiero e l’altro.
Ho bisogno di supplenti, di persone che pensino al posto mio fino a che io tengo i motori al minimo nella speranza di recuperare energia e quel minimo di smalto.

Un bel supplentone, oggi, l’ho trovato in Edmondo Berselli, che scrive sulla Repubblica una cosa che mi pare abbastanza convincente.
Parla dei perché – di alcuni perché, mi sembra – del successone a cui sembrano provvisoriamente destinate le super-panzane somministrate alla nostra triste mensa da persone come Brunetta, Gelmini e Carfagna.

In sostanza – dice – perché mobilitano risorse emotive e affettive. Perché ci dicono «okay, ragazzo: tu sei bravo e buono; il male sta altrove. E non c’è nessun bisogno di star qui a contestualizzare e ad analizzare. Queste sono tutte stronzate di sinistra. Adesso arriva superpippo/a, mette in galera i cattivi, punisce i negligenti e premia i bravi».

Il punto è persuasivo, in effetti.
Ho solo da aggiungere che questo meccanismo l’hanno inventato i giornali, i giornalisti.
Mi invento una campagna, batto quel chiodo, identifico il «cattivo», rassicuro il lettore sul fatto che lui è bravo-buono-bello e vittima.
Funziona perfettamente, soprattutto nella cronaca nera locale, tipicamente insensibile a qualunque fiammata minimamente garantista (ruolo eventualmente demandato ai cronisti che seguono la giudiziaria)…