il dialogo del ricatto e il ricatto del dialogo

Nelle soap opera ho spesso notato un tipo standard di sviluppo narrativo delle storie sentimentali impossibili.

Fase uno: no, non posso assolutamente avere una relazione con Tizio, perché è il marito di mia figlia (il figlio della mia matrigna, un extraterrestre blu, un qualunque cosa).

Fase due: oddio, e se mi ci mettessi davvero, con questo?
Fase tre: no, assolutamente non posso, è fuori discussione.

Fase quattro: ok, vada per la relazione.
Il risultato – come ognuno può ben capire – è che la protagonista (ma vale anche per i maschi) si dichiara per la zoccola che è, ma le finte angosce attraversate prima della capitolazione le conferiscono un po’ di dignità.

La stessa cosa succede – a dar bado a quel che si legge sui giornali – con gli uomini e le donne di potere di questi mesi, con la differenza che il sesso parrebbe non avere ruolo.

Fase uno: no, non decideremo assolutamente niente senza il dialogo.
Fase due: e se decidessi per i ca*** miei, senza dialogare con nessuno?
Fase tre: no, è meglio che dialoghi.
Fase quattro: se tu dici di no a quel che io ho già deciso, vuol dire che non vuoi il dialogo e mi costringi a decidere da solo.

Le prove?
Eccole qui.
E anche qui.
Si parla dell’Alitalia, e del commissario Fantozzi che dice «chissenefrega dei sindacati: se dicono no al piano, disdico i contratti e domani licenzio tutti».