la lezione di maroni

Lui, ministro, non crede al racconto della donna italiana e somala (l’identità di una persona potrà ben essere molteplice, no?).
Liberissimo di non crederlo, naturalmente.
Ma invece di tenere il suo scetticismo per sé, pazientando fino al momento in cui un giudice – approssimando con gli inevitabili errori la realtà a quella che si può chiamare verità giudiziaria – dirà se lei è stata effettivamente umiliata o no dalla polizia, lui – ministro – dimentica ogni prudenza e decide di dire che il suo ministero si costituirà parte civile contro di lei, a difesa della polizia.

Qualunque sia la verità nel caso della donna all’aeroporto – e non so se sperare che lei abbia ragione o torto – le affermazioni del ministro mi sembrano configurare un uso gravemente e intollerabilmente intimidatorio del proprio potere: io – ci sta dicendo, e non so se intenzionalmente o no, ma nemmeno questo fa differenza – so qual è la verità.
La so prima di qualunque giudice, prima di qualunque contraddittorio, prima di qualunque processo, prima di qualunque verifica.
La so perché la so, e se dico che la so lo scriveranno su tutti i giornali.
La so e basta.
Vedi, negro di merda: anche Gasparri è d’accordo con me e dice che tra la parola dei poliziotti e quella di una negra, beh, lui crede senz’altro a quella della polizia, anche perché lei ha aspettato due mesi a denunciare. E chi aspetta a far denuncia mente per forza, si sa.

A questo punto, se noi sappiamo qual è la verità, che bisogno c’è del processo?
Che bisogno c’è di un’azione penale?
Che bisogno c’è di un magistrato, quando c’è la polizia?

E tu, negro di merda che vieni picchiato, non faresti bene a pensarci due volte prima di denunciare la polizia? Se lo fai può anche succederti che lo Stato ti si scatena contro…
Ti conviene, negro di merda?
Ragiona, negro: è meglio farsi umiliare un po’ da qualche pezzo dello Stato o sopportare la persecuzione di uno Stato intero?

Non è difficile, forza.
Dovrebbe riuscire ad arrivarci anche un negro di merda come te.