«troppi giornalisti a libro paga degli editori»

piove_a_veronaLeggo che lunedì sera c’è stato, qui a Verona, un dibattito sulla libertà di stampa nel quale si è – naturalmente – concluso che la libertà di stampa c’è eccome: basta guardare quante siano le testate vendute in edicola.

Questo tipo di argomento mi sembra superficiale; tuttavia soprassiedo, perché mi interessa dire un’altra cosa.

Alla serata era invitato anche l’ex direttore del settimanale diocesano Verona fedele don Bruno Fasani, noto per essere spesso ospite di Bruno Vespa.
Fasani – riporta la stampa – ha pronunciato parole che a me sembrano un riferimento alla situazione di Berlusconi, del quale Fasani parrebbe voler prendere le difese («Non è vero che oggi la libertà di stampa è minacciata. Piuttosto, si assiste ad un abuso della libertà di informazione che consente di dire ogni cosa a dispetto della privacy»), e argomenta – se la stampa riporta correttamente il punto – che «il problema è che troppi giornalisti sono “a libro paga di un editore e dunque scrivono in base alla scuderia in cui militano”».

Mi sento di chiedere a don Fasani qual è il libro paga nel quale i giornalisti – quando sono lavoratori dipendenti – dovrebbero essere iscritti, se non quello del loro editore.
Io non mi aspettavo che Fasani fosse così – non so come dire – «a sinistra», così «anti-aziendalista» da suggerire ai giornalisti di scrivere esclusivamente secondo coscienza, del tutto ignorando il fatto che sono alle dipendenze di un editore.

Quanto all’altro possibile – ma improbabile – significato potenzialmente contenuto nelle parole di don Fasani (sempreché esse siano state correttamente riportate, è ovvio) è questo: troppi giornalisti a libro paga degli editori potrebbe significare che i dipendenti sono troppi, e che dunque bisognerebbe licenziarne un po’ rendendoli freelance anziché dipendenti.
Volevo dirgli che questo, in effetti, sta già succedendo.