l’uomo che il mondo ci invidia/4


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Il giorno prima diceva che gli americani considerano i soccorsi come un affare militare e non umanitario, pensano solo a mettersi in vetrina, e non riescono ad avere linee gerarchiche diverse da quelle militari.

E un ventiquattr’ore più tardi – cazziato come si ritrova da Mr. Quantosoffìco Frattini (e fin qui vabbè) e da Miss Palledacciaio Clinton – ecco che Mr. Braveheart Bertolaso allestisce una laconica rettifica da par suo.

Non essendo tipo da sbavature, egli ricorre a quel tocco di maschia audacia che rende misura del suo straordinario coraggio di homo berlusconensis e – raccolte le forze – dice: «Non sono stato io, non ce l’avevo con gli Stati Uniti (e comunque se anche c’ero dormivo, non è che potete pretendere che dopo tutta ‘sta fatica io posso stare sempre in tiro)».

Ridicola ieri e ridicola oggi la formula giornalistica «attacca»/«non ho attaccato» gli Usa: neanche stessimo giocando a Napoleone dichiara guerra (ma per carità: può essere che la giustezza non consentisse l’espressione di concetti più sofisticati).

Patetica e disonorevole la scelta del verbo fatta dalla Repubblica, secondo la quale Bertolaso – signori – «precisa».
Cioè: non è che aveva detto delle cazzate; si era solo spiegato male, forse forse eravamo stati noi a capire male, e in ogni caso la sua non è una marcia indietro.
Solo una precisazione.

Certo.
Come no.
La precisazione di quanto scarso sia il rispetto per il significato delle parole.