l’inutilità del giornalismo

Molto a caldo.

Io penso che il risultato elettorale abbia certificato l’inutilità del giornalismo.

Mi spiego meglio.
Chiunque affronti la lettura di un articolo o l’ascolto di un servizio radiofonico o televisivo non chiede che di leggere o sentire ciò che pensa già.

Non interessano prove a confutazione, o argomenti a sostegno di interpretazioni diverse.

Se, per ipotesi, uno avesse le prove che un tale qualunque è violentatore di bambini, stupratore di donne, frequentatore di trans (ricattato), ladro, ricettatore, spacciatore di droga, rapinatore, estorsore e assassino, le reazioni si dividerebbero sostanzialmente in tre gruppi.

Un po’ di gente direbbe che non è vero, e loro lo sanno.
Un altro po’ di gente direbbe che è vero, e in molti casi senza nemmeno la necessità di venire persuasi dalle prove giornalisticamente raccolte.
Un altro po’ di gente direbbe chissenefrega, i giornali dicon sempre quel che vogliono.

La generale moltiplicazione dei fattori di rumore che, sovrapponendosi, tolgono senso a qualunque parola sia pronunciata al di fuori del frastuono della ninna nanna ideologico-suggestiva impedisce a chiunque faccia il mio lavoro di trovare in esso un senso, un perché.

Delle stranezze – dirò così – del G8 Maddalena/L’Aquila abbiamo saputo, e con particolari.
Abbiamo saputo delle telefonate con le quali, senza alcun rispetto alle regole, il padrone ha ottenuto il blocco delle trasmissioni in tv.
Abbiamo visto che i processi contro Berlusconi sono stati fermati.
Sappiamo delle donnine alle feste.

E la nostra reazione è che le donnine possiamo finalmente comperarcele anche noi senza che nessuno ci dica che siamo puttanieri.
Che rubare è giusto, perché c’è chi si lascia infinocchiare.
Che il potere legittima le nostre scoregge, finalmente; quelle di cui ci siamo tanto vergognati per anni; e dunque possiamo scoreggiare, perché le nostre puzze sono belle e nessuno può proibirci la flatulenza.

Sicché.
Cercare le notizie non serve.
Parlare nemmeno.

Non so cosa succederà ai giornalisti.
Ma è chiaro che essi sono inutili.
L’introduzione dell’arbitrato come metodo di risoluzione – secondo equità e non secondo legge – delle controversie fra dipendente e datore di lavoro è il più recente tassello della demolizione del senso del lavoro dipendente.

Per come sono adesso i rapporti di forza fra lavoratori e padronato, mi aspetto che presto cambino molte cose.
Mi aspetto che chi vuol fare il giornalista venga licenziato, per esempio.
Magari non subito.
Diamo loro qualche annetto.

Quando non avranno più bisogno della foglia di fico del pluralismo – e queste elezioni han dimostrato che non ce n’è più bisogno, credo – la priorità diventerà liberarsi di quelli che non è che hanno in mente il Watergate, per carità, ma vorrebbero almeno una spiegazione decente delle delibere di giunta; o il non occultamento di notiziole anche minime.

Corrispettivamente, i servi han vinto.
Ovvio.
Di servi c’è bisogno.
E i servi abitano dappertutto, in giornali piccoli, medi e grandi.
A ridurci così sono stati loro.
E in genere hanno belle case.