un adorabile moralismo

Ho letto ieri, prima sui nostri quotidiani e poi sul Sunday Times, la notizia che una clinica britannica mette in palio la possibilità di aggiudicarsi (immagino per estrazione a sorte) ovociti di donatrici americane giovani, magre, non fumatrici e acculturate.

La donna che si aggiudicherà il premio potrà scegliere – ma negli Stati Uniti, dove, in una clinica «sorella» della clinica britannica, si svolgerà ogni cosa – la razza della donatrice e le sue caratteristiche fisiche, e decidere il sesso dell’embrione (se l’embrione diventerà essere umano o no non si può dire, dunque è scorretto parlare di selezione del sesso del «bambino»).

In Gran Bretagna l’ovodonazione è legittima, solo che le donatrici non possono venire pagate – negli Usa sì, ed è questo pagamento che la vincitrice della lotteria potrà evitare, insieme, suppongo, alle spese mediche generali – e devono sottoscrivere il consenso a essere identificate e contattate da qualunque ipotetico loro figlio, quando il figlio avrà compiuto diciott’anni.

Oggi sul Corriere, Adriana Bazzi scrive che l’operazione

«dovrebbe far riflettere chiunque voglia un figlio ad ogni costo, e per di più scelto in base ad un baby profiling».

Non conosco la storia personale di Adriana Bazzi, e vorrei anche aggiungere che tutto sommato non è importante saperlo.
Ma mi piacerebbe sapere – questo sì – cosa le fa pensare che chi desidera un figlio «ad ogni costo» non abbia riflettuto abbastanza e abbia bisogno del suo consiglio non richiesto.

Mi piacerebbe sapere cosa significa per lei «ad ogni costo».
E che legame lei pensa ci sia – concettuale, dico; logico – fra il «volere un figlio ad ogni costo» (accetto per brevità la sua locuzione anche se non la comprendo fino in fondo) e il partecipare a un programma di baby profiling.


Perché io di nessi non ne vedo.
Si può volere un figlio – e non capisco perché dover rendere conto alla Bazzi o a chiunque altro del fatto che in proposito si sia riflettuto quanto basta per garantirsi il placet di terzi – senza volerne scegliere il colore dei capelli.

Sul baby profiling non so bene cosa dire.
È una cosa certamente mercantile, e posso pensare che alcune delle persone che se ne servono siano persone abituate a pensare in termini di «quanto costa, qui, la baracca?»; gente rozza, che paga per avere e misura se stessa sul metro del denaro. Ma non sono sicura che siano così tutti.
Non so. Non conosco nessuno che l’ha fatto. Però non posso dare per scontato che siano tutti scoreggioni col suv.
A me queste cose fanno sempre venire in mente il fatto che tutti noi situiamo l’immoralità e l’illiceità un millimetro più in là della punta del nostro piede.

Ma – argomento moralista a parte – quel che mi colpisce nel pezzo della Bazzi è quest’affermazione:

«Il problema è la scelta consapevole, il «consenso informato» come si usa dire in medicina. Chi dona ovuli può andare incontro a trattamenti di stimolazione ormonale dell’ovaio che possono compromettere la sua capacità futura di procreare».

E io mi domando: Adriana Bazzi è sicura che le donne britanniche o americane che donano ovociti vengono tenute all’oscuro dei rischi? Che non firmino un «consenso informato»? E pensa che i rischi delle donatrici siano diversi e maggiori da quelli che investono le donne che sono chiamate anch’esse a sovrapprodurre ovociti, benché per se stesse e non per un’altra donna?

Che bisogno ha di fare del terrorismo?
Perché?
Io immagino che il titolo non l’abbia scritto lei, ma devo proprio riconoscere che «La folle lotteria degli ovuli – È impossibile il figlio perfetto» è il titolo giusto per un articolo moralista, apodittico e poco argomentato; giocato sul filo della suggestione e dell’insinuazione surrettizia della paura.