buonanotte a fini

Ho ascoltato l’intervento di Fini, dall’inizio alla fine, e la replica di Berlusconi.
Sono estremamente impressionata.
Spero di avere presto abbastanza tempo per poter scrivere qualcosa di più circostanziato di ciò che scrivo ora, all’una meno un quarto di notte.

Mi sembra sconcertante la sottovalutazione della temperie che viene dimostrata dagli autori di alcune delle analisi che ho letto o ascoltato, i quali trattano la vicenda come un siparietto da avanspettacolo nel quale conta più il carattere delle maschere in scena che il merito delle affermazioni, oppure come un punto di non ritorno nelle vicende del partito del predellino invece che – ahimé – come un punto di non ritorno (e di quale drammaticità) nella storia del Paese.

Rendo massimo onore al coraggio e alla tagliente, spietata e lucidissima linearità di analisi di cui Fini ha dato prova, sottoponendosi alle forche caudine di un uditorio prono ai voleri del capo, la cui ridicolmente rigida complessione già da sola rendeva conto e ragione – ah, se il corpo parla – della totale incapacità di comprendere gli argomenti dell’ex presidente di An.

Pur discostandomi da molte delle idee espresse da Fini (ma non dall’inquadramento della questione degli immigrati, per esempio, o dall’analisi del comportamento leghista), credo che quest’uomo sia l’unico vero possibile uomo politico di questo Paese, e lo dico con la sofferenza doppia di chi sa che stature così non ce ne sono nella sua parte politica (se ancora ne ho una, in effetti), e di chi capisce che questa direzione nazionale – ed ecco qui il mio punto – rappresenta la morte politica di Fini, e non del Pdl.

Perché la morte politica di Fini mi sembra un dramma? Perché Fini ha ragione: nel silenzio dei servi del Kaiser, vince la Lega. Al Kaiser e ai suoi servi non interessano né il Paese né il partito. Ne sia testimonianza il dissenso che è scoppiato fortissimo – più che per qualunque altra affermazione finiana – quando l’ex presidente di An ha parlato della cosiddetta prescrizione breve; dell’argomento giustizia, insomma.

Fini parla di politica, e di mediazione degli interessi, e parla della forma-partito.
L’altro gli risponde da ras. Non solo «vattene» – che in fondo sarebbe a questo punto perfino il meno – ma anche «il governo ha fatto questo e il governo ha fatto quello».
Non so se non abbia capito o non abbia voluto capire (ignoro, però, se la sua levatura politica da capannone brianzolo gli consenta porzioni anche minime di reale comprensione su questo piano) che le questioni poste erano di genere completamente diverso.
Riguardavano l’identità possibile di un partito; la salvaguardia dell’identità politica di un’area culturale; la necessità di sintesi politica da contrapporre finalmente a un’idea della politica che nella migliore delle ipotesi posso definire amministrativo-gestionale.

Patetica la risposta sulla Lega, per esempio.
A parte che io non credo affatto, nemmeno per un millesimo di secondo, che la Lega vinca per il suo asserito radicamento territoriale (ma per la legittimazione della scoreggia razzista e «cattivista» che ha scientemente perseguito e ottenuto, realizzando un imbarbarimento della socialità nordista del quale riesce per fino ad andare incomprensibilmente fiera); ma come può, mio dio, Berlusconi rispondere a Fini che la Lega vince per il radicamento sul territorio, e che il radicamento della Lega consiste nel fatto che gli amministratori locali ogni settimana debbano fare rapporto ai vertici del partito?
Che diavolo di risposta è mai questa?
E che idea è quella che gli amministratori locali del partito del predellino debbano prenderne l’esempio e sacrificare sabati e domeniche per fare anch’essi rapporto ai loro capi gerarchici?

Che idea di politica è?
Che idea di Paese è?
Che idea di partito è?
Che idea di destra è?

Sono sconcertata dall’aver visto quelle vuote testoline bionde di femminucce adoranti berlusconiane agitarsi scompostamente – la lacca fa miracoli – in ampi e indignatissimi gesti di dileggiante diniego mentre parlava Fini.
Sconcertata dal silenzio delle truppe dei dipendenti di Berlusconi.
Schifata dal servilismo.
Allarmata dal documento contrario alle correnti che il capo s’è fatto votare dai suoi.

No.
Qui il problema non è la frattura fra Fini e Berlusconi; fra gli ex di An che seguono l’ex presidente del loro partito e i miserabili servi che (dappertutto; mica solo nel partito del predellino) sanno solo annuire a comando.
Qui il problema è che la minorità di Fini è tragicamente macroscopica.
E non tanto nelle idee (potrei accettarlo senza la disperazione che invece sento), ma nel metodo.

Questa gente non capisce di cosa Fini ha parlato.
E come non lo capisce il partito non lo capisce la gente che li vota (ma anche tanti di quelli che votano Pd, temo), che è gente che dopo sei parole ha già dismesso la concentrazione; ha già rinunciato a capire; è gente che dopo sei parole ha già scelto.
Non è che siano scemi.
Sono stati semplicemente costruiti così.

E che la gente che vota il predellino (e – temo, ripeto – molti di quelli che votano dall’altra parte) non capisca il senso delle parole di Fini è cosa di cui fa fede il tipo di video che impera sui siti: «la lite in diretta», tre minuti assolutamente privi di contenuti.
Non si sarebbero nemmeno dovuti estrapolare, quei tre minuti.
Bisognava vedere e sentire tutto, per capire.

E invece, ci sorbiamo articolesse su parricidi simbolici e amenità para-psicoanalitiche.
Sono curiosa – ma fino a un certo punto, perché so che soffrirò; ma magari no, va’ – di leggere i giornali di domani.

Per adesso, buonanotte. Mi devo ancora lavare faccia e denti, ed è l’una passata.
Buonanotte a tutti.
Ma soprattutto a Fini.
La cui moglie Daniela non ha, dopo essere stata lasciata, dato interviste in cui diceva che suo marito era un bastardo ed è uscita di scena con uno stile che il suo aspetto fisico e il suo tipo di abbigliamento mai avrebbero lasciato sospettare (ed è la prova che Lombroso va preso con le pinze).
La cui compagna Elisabetta non va concedendo interviste sulla sofferenza politica del compagno.

Ha senz’altro scelto le donne in modo più accorto di quanto abbia fatto col partito.
E lo ripeto: buonanotte a Fini.
E grande stima.