dio nord

«Pregiudizi».
«Incivile» (e invece adesso vi dico io che superiore forma di civiltà è quella di cui qui stiamo parlando).
«Piccoli» (cioè indifesi, costretti a far la voce grossa perché incapaci della lamentazione calimeriana meridionale).

Per avere un’idea della volgarità e – soprattutto (ed è questo che mi fa stare peggio, perché tutto questo si vedeva arrivare da tempo, e non c’è stato nessuno che abbia sentito il dovere di fermarlo) – della naturalità, della serena inevitabilità con la quale coloro che non mi sento di chiamare intellettuali né pensatori hanno interiorizzato la guerra fra nord e sud credo che oggi vada letto il fondo di Dario Di Vico sul Corriere della sera, qui.

Un capolavoro di affermazioni apodittiche e di servili inchini all’ideologia nordista e ai suoi profeti, che non sono soltanto i leghisti (ai quali, caro, Di Vico muove pure qualche critica), sotto le mentite spoglie di un’analisi equilibrata completamente priva di inquinamento ideologico.

Esempio.

La «società incivile» (del nord, ndr) ha resistito alla crisi, non ha ridotto il personale, in qualche caso ha pagato con la vita il proprio impegno, ha dato vita a una partecipazione sindacale e associativa che non si vedeva da tempo, ora si muove per aggregare le aziende creando delle reti e intanto si batte per essere presente sui mercati emergenti. Se non vivono sul mercato loro, non so chi in Italia si possa vantare di farlo.

Di certo, non quei nullafacenti dei meridionali.
Di certo, non quegli incapaci del Pd.

Nella mia povertà intellettiva, non sono in grado di valutare il significato che Di Vico annetta alla frase «la “società incivile” (…) non ha ridotto il personale».
Ma una cosa la capisco bene: che solo nell’azienda dove lavoro io, ed è un’azienda solida, fra i giornalisti i prepensionamenti hanno superato la decina.