l’altrove

Tra otto giorni sarò a Dublino per la prima delle mie dieci settimane da pendolare.
Non so che tempo ci sarà. Se ci sarà freddo, se nevicherà ancora, se pioverà a catinelle o il cielo sarà bianco, azzurro e grigio.
Avrò solo un bagaglio a mano, perché imbarcare una valigia nella stiva costa come una cena fuori: dunque se vorrò comprare qualche libro in più dovrò spedirmelo via posta.

Ma sono così felice di tornare, così felice di rivedere Rosemary, di farmi irritare dal vento in faccia.

Così contenta di poter ripassare da Avoca, da Rococo (e anche da TkMaxx), dalla Queen of Tarts; di riempirmi il dorso delle mani con gli ombretti di Laura Mercier (i migliori del cosmo) da Brown Thomas; di fare un giro da Ecco a provar scarpe da suora; di cercare il cappellino da zitella che fa per me…

Sono così felice di tornare all’Irish Writers’ Centre; di vedere quel gigantesco profilo giallo di pedonessa che si illumina fuori dalla Hugh Lane Gallery.

In questi giorni, per prepararmi, sto imparando a cantare Swallow dei Grada.
Che storia triste, mamma mia.
Lei, la rondinella, coglie i fiori per lui fino a riempirsene il grembiule.
Lo raggiunge sulla collina, gli offre il proprio cuore perché gli sia di compagnia; e quando si rende conto che il cuore di lui è duro e gli chiede che sta succedendo, lui le risponde che solo una sciocca poteva pensare che lui amasse solo lei.

Ho bisogno di altrove.