e soprattutto why

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Le vedi uscire dai negozi in maniche corte, e non sono neanche livide.
Sette gradi, dice l’F12 del mio Mac.
E io avevo canottiera di lana a manica lunga, più maglioncino, più cardigan, più piumino d’oca, più sciarpina di seta, più sciarpa di cachemire, più cappello.

Stasera al corso, grande discussione sulla differenza fra profile e interview.
Ho scoperto che se scrivendo un’intervista inverti l’ordine delle risposte qui sono cavoli amari.
Che chiamano «interview» anche quelle forme ibride di pastoni con virgolettati e lacerti di commentari del giornalista (quelle robe che lette in italiano fanno venire la pelle d’oca e lette in inglese ti fan dire «eh, però»).
Che il profile comincia con un’introduzione descrittiva che coinvolge qualcuno dei cinque sensi e procede col background (anche se il profile che abbiamo esaminato oggi, dall’Observer, era un po’ diverso. Consiglio di leggerlo. Vale la pena).
Che puoi virgolettare quanto vuoi le frasi di interviste uscite su altri giornali.

Ho imparato altre cosette, poi.
Che «piage», nell’idioma di Belfast, vuol dire «page». Forse.
Che «brod», nell’idioma della commessa del Salad Bar di Avoca, è «bread».
E anche che per la prossima settimana devo fare – ah ah ah – un profile di Berlusconi mirato al pubblico irlandese.
Ah ah ah.
Tema: «Why is Berlusconi still in charge?».

Cinquecento parole.
Figuriamoci.
Io non lo so perché Berlusconi è ancora al potere!
(Sulla mano ho ancora Sycomore: è veramente buono. Com’era? Tronco asciutto eccetera?).
Fallo buffo, mi ha detto Herr Professor Henry McDonald.
Buffo?, gli ho detto. Ma come faccio? Non c’è niente di buffo!
Loro ci ridono su. Io come posso?
È il mio Paese.

Mizzica.
Cinquecento parole.
In charge.
Berlusconi.
Still.
Why.

Soprattutto why.