«il paese dei buoni e dei cattivi»

Esce oggi – anche se non è detto che arrivi esattamente oggi dappertutto – «Il paese dei buoni e dei cattivi», una cosa che sul giornalismo ho scritto io e ha pubblicato la minimum fax.

La scheda dice che è un libro «intelligente», e siccome non c’è niente che commuova una donna come un complimento del genere, può essere che io mi senta fiera di questo libro solo per la gioia di vedere nero su bianco che io – mio dio, io in persona – ho scritto una cosa intelligente.

Il libro «intelligente» non ha la minima intenzione di raddrizzare le gambe ai cani.
Il fatto è che a me pare che andando a guardarci dentro, le parole e i costrutti – aperti e messi in vista – dicono un’enormità di cose in più rispetto a quelle che appaiono a una prima occhiata.
Il problema, forse, non è tanto cambiare il giornalismo: sarebbe, per come la vedo io, un’impresa destinata al fallimento, perché il giornalismo è espressione del tempo in cui vive, e a questo tempo serve questo giornalismo.
Secondo me il punto è sapere cosa leggo, e perché è scritto così e non in un altro modo, e a quale conseguenza è possibile che quel che leggo mi voglia condurre.

Saperlo è già qualcosa, e forse è tutto quello che serve.

Qualcuno ha detto che mi sono scelta avversari importanti, in questo libro (che, ricordo a tutti, è un libro «intelligente»).
A me va di dire che non ho scelto nessun avversario: ho opinioni.
Ho scritto (anche) di persone che hanno un potere, magari una loro personale forma di potere; non c’è proporzione fra il loro potere e il mio, che ho solo scritto un libro che uno compra se vuole.
Non ho avversari: ho opinioni.
So che è grave. Ma me ne farò una ragione!

Il libro si articola in cinque capitoli: la retorica della cronaca nera e del «lettore buono»; la retorica del testimonial e del brand; la retorica della meritocrazia, della giustizia e della par condicio; la retorica dell’antimeridionalismo; la retorica della «guerra di pace» e delle vittime-simbolo.

Ogni affermazione che faccio si poggia su un testo, su un video o su un documento audio.
Qui nella colonna di destra, c’è il link alla pagina nella quale ho riunito tutti insieme, capitolo per capitolo, tutti i collegamenti alle fonti digitali che ho utilizzato.
Perché, per la proprietà transitiva dell’intelligenza, se un libro è intelligente, è un volpone anche la persona che l’ha scritto.
E così, mi sembrava proprio giusto che – avendo io occupato trecento pagine per sostenere l’esigenza della contestualizzazione delle parole per poterne capire i significati occultati dalla cortina di fumo ideologico che li avvolge – chiunque potesse accedere ai pezzi che ho «aperto» nel libro grazie a un click, senza doversi copiare i link a mano dalla carta.

Mi pare tutto.
No, anzi.
Devo ringraziare tante persone: da Giulio Mozzi, che ha visto in me cose la cui esistenza avevo a lungo giudicato in dubbio (l’«intelligenza»?), e ha anche scritto questa cosa; a Christian Raimo e a tutta la minimum fax (qui la scheda e la rassegna stampa); e poi gli amici che mi hanno incoraggiato, Marco e Giovanni che hanno sopportato, la Barbara che c’è sempre stata, e – per la miseria – l’Irlanda intera e la sua musica. I suoi cieli merlettati di foglie.

Perché sarò anche intelligente, ma un cuore ce l’ho anch’io.