oh, poveri leghisti delusi

Leggo questa lettera del sindaco leghista di Macherio.

È deluso, dice.
La Lega è solo attaccata alle poltrone.
La Lega ha un sistema di potere.
I suoi ideali di onestà sono stati traditi.

E poi:

Non ho mai cavalcato slogan razzisti o partecipato a quel seminare paura del «diverso» nei miei anni da militante.

A Macherio abbiamo una moschea, che per ora riesco a tenere chiusa per motivi di sicurezza legati ai Vigili del fuoco: queste scelte rientrano nelle linee della Lega ed anche nelle mie, ma non eccedo nei termini o nello spaventare i cittadini su chissà quali paure.

La moschea «riesce», per ora, a tenerla chiusa per motivi apparentemente indipendenti dalla sua volontà eppure miracolosamente coincidenti con ciò che – anche in assenza di «problemi di sicurezza legati ai vigili del fuoco» – avrebbe in realtà voluto fare.

E non «eccede», il sindaco leghista deluso, «nello spaventare i cittadini su chissà quali paure».
Un po’ di paura va bene. È l’eccesso che stona.
Che dichiarazione di buon senso, per la miseria.
Che amministratore equilibrato.

Domande.
Uno: visto che se la moschea non avesse avuto problemi di sicurezza l’avrebbe verosimilmente chiusa lo stesso (vedi l’uso del verbo «riuscire»), i motivi della decisione quali sarebbero stati?

Due: quale sarebbe la soglia superata la quale si potrebbe parlare di «eccesso nello spaventare i cittadini su chissà quali paure»?

Tre: quali paure sono, esattamente, le «chissà quali paure»?

Poco più sotto, il sindaco leghista deluso scrive che non può

accettare che dal palco di Venezia il ministro Calderoli abbia detto ai sindaci che «senza la Lega non siete niente e ritornerete polvere».

Nella frase successiva, il sindaco ci spiega i suoi motivi.

Non può denigrare in questo modo chi lavora per il bene del popolo e soprattutto per dare della Lega una bella immagine, quella che si meriterebbe.

Domande.
Uno: cos’è il «bene del popolo»?
Il «bene del popolo» è oggettivamente determinato dal sindaco leghista?
E chi dà al sindaco leghista, benché deluso, la legittimità di definire quale sia il «bene del popolo»?

Due: Il «popolo» è uno solo? Ha interessi comuni e coincidenti?
L’imprenditore ha gli stessi interessi dell’operaio o del trentenne precario?

Tre: l’«immagine» della Lega, dice.
Qual è il problema dell’immagine?
Può, l’immagine, fare le veci dei contenuti?
Può, l’immagine, mettere in ombra la vergogna di una politica razzista come quella della Lega?
Oppure: deve forse, l’immagine, valorizzare l’eccellenza di una politica razzista come quella della Lega?

Questi tentativi di leghisti sparsi che qua e là puntano ad accreditarsi come l’ala «moderata» e «istituzionalista» della Lega mi sembrano perfetti per convincere chi vuole essere convinto.
Una delle solite operazioni con le quali cambiando due parole entriamo in un fiume di senso che ci dà un’identità apparentemente nuova, necessaria a smarcarci dalle scomode sopravvenienze legate all’identità precedente.

Ma di quell’identità conserviamo tutto. Razzismo compreso.
Solo che ne usiamo la giusta dose.
Niente eccessi, qui al nord.
Siamo gente perbene.

E la cosa più curiosa è che troviamo sempre un giornale che è disposto a darci spazio, a timbrarci un contrassegno di credibilità.