terroni ladri/2, o la religione dei dati

Mi prendo un po’ di tempo per dire qualcosa su questo pezzo che, uscito su Repubblica, si collega al tema di cui ho già scritto qualcosa in un altro post.

diffidare delle apparenze

L’argomento è – apparentemente – la scuola.
In realtà, gli argomenti veri sono due.

dare addosso al governo

Il primo consiste in un’intenzione evidente di sparare addosso al governo attraverso l’enunciazione di un argomento di sconcertante debolezza.

polemiche e giudizi

Il secondo è un’asserzione – indimostrata – relativa a due questioni.
La prima questione riguarda l’asserita esistenza di una polemica.
La seconda riguarda il giudizio di valore sul quale si pretende si sia scatenata la polemica.

la citazione

Prendiamone il primo pezzo:

Più promossi, stessa percentuale di diplomati e più cervelloni dell’anno scorso. Ecco i risultati definitivi della maturità e degli scrutini di quest’anno.
I dati ufficiali, appena resi noti dal ministero dell’Istruzione, però smentiscono le tante anticipazioni ministro Mariastella Gelmini, su dati provvisori o su exit pool, sulla presunta linea del rigore sposata dai docenti italiani nel corso dell’anno scolastico appena concluso.

«io dico la verità»

La prima chiave dell’articolo sta nell’aggettivo «ufficiali».
Se i dati sono «ufficiali», essi hanno ragione per definizione. Tanto più che sono dati, numeri, cifre, e nell’idea di molti – secondo me troppi – i numeri son solo numeri e dicono sempre la verità.
Per estensione, un articolo redatto sulla base di dati ufficiali è esso stesso allocato nel cono di luce della credibilità proiettato dai dati ufficiali.

gli exit «pool»

Inquietante, per incongruità istituzionale (e ortografica), il riferimento agli exit «pool». Ma tacerò.

la verità

Comunque, la prima notizia che si legge nel pezzo è che qui non stiamo a masticare brodo. Qui, signori, diciamo la verità.

maria stella si smentisce da sola!

Si badi però a questo strano caso.
Proprio mentre si attesta, per quanto indirettamente, che si sta dicendo la verità perché si attinge ai dati ufficiali del ministero, si afferma anche che – attenzione – proprio quegli stessi dati «smentiscono le tante anticipazioni ministro Mariastella Gelmini sulla presunta linea del rigore sposata dai docenti italiani nel corso dell’anno scolastico appena concluso».

che governaccio…

Cosa apprendiamo, qui?
Che l’ufficialità dà torto al potere; o meglio, che l’ufficialità dà torto al potere che non piace a me che scrivo.

non mi piace

E cosa mi fa dire – oltre che il fatto, di per sé non sufficiente, che il pezzo è uscito su Repubblica – che questo potere non piace a chi scrive?
Due cose.

lei non è scientifica

In primo luogo, il fatto che si parla delle «tante anticipazioni» della Gelmini, e «tante» è un numero indeterminato che indica in modo generico replicazione e insistenza non scientifiche, non «ufficiali».

diamoci del lei

In secondo luogo, il fatto che si parla di «presunta linea del rigore».
Il participio aggettivale «presunta» mette distanza fra chi scrive e colui/colei di cui si scrive. Chi scrive intende fare la tara alle affermazioni di colui/colei di cui scrive, e intende anche renderlo chiaro, sebbene in modo implicito, a chi legge.

e il significato?

L’affermazione successiva del pezzo è ancora più curiosamente ambigua e – stricto sensu – in-significante.

Insomma: gli insegnanti italiani hanno agito con buon senso.
Anziché applicare meccanicamente le nuove disposizioni sull’ammissione agli esami e sull’attribuzione dei 100 e lode, i prof hanno preferito interpretarle.

il buon senso!!!

A parte l’incipit «insomma», su cui mi astengo, rilevo l’utilizzo della locuzione «buon senso» come espediente per produrre un significato di positività autoevidente.
Il fatto è che non viene affatto spiegato perché.
Chi scrive non ha alcuna intenzione di dirci perché l’applicazione «meccanica» sarebbe stata un male – affermazione implicita, resa intellegibile solamente dall’uso di un aggettivo carico di alone negativo – né di farci sapere in cosa consista il «buon senso», concetto che scopriamo opposto a quello di «meccanicismo».

«meccanica» e interpretazione

Va da sé che non abbiamo nemmeno nessun modo per capire in cosa e perché sia positivo l’atto dell’«interpretazione».
L’unica cosa che ragionevolmente si comprende senza sforzo è che – brutalizzando – il potere che non mi piace è stato così stolto da fornirmi i dati che smentiscono le sue stesse ripetute previsioni, e che fortunatamente gli insegnanti hanno usato il «buon senso» per «interpretare» ciò che il ministro, nella sua stoltezza, pretendeva essi applicassero «meccanicamente».

nebbia in val padana

Contenuti, zero.
Sono solo affermazioni nebulosamente riferite ad aree di senso in-significanti e in-comunicanti.
In estrema sintesi:
1. noi diciamo la verità (su cosa?);
2. coi suoi dati ufficiali che validano la nostra credibilità la Gelmini si smentisce da sola (su cosa? Sul rigore? Ma il rigore non era un concetto di area positiva? No, qui è diventato negativo);
3. gli insegnanti son stati bravi a usare il «buon senso» (per far che? E in che modo?);
4. la Gelmini voleva che agissero «meccanicamente» (facendo cosa? A quale scopo?).

e ora, la polemica

E ora, il resto. L’altro argomento.
Quello della polemica.

E alla fine i risultati conseguiti dai ragazzi sono stati addirittura migliori dell’anno scorso.
La polemica, lanciata giorni fa dalla Gelmini, si sposta adesso sull’esagerato numero di diplomati con 100 e lode delle scuole meridionali.

pausa

Tralascerò per un momento la prima frase, quella relativa ai risultati; ma ci torno.

attenzione

Leggiamo bene a pezzetti la frase successiva.
a) «La polemica, lanciata giorni fa dalla Gelmini» mi obbliga a pensare che la polemica l’ha lanciata la Gelmini; ma a me non pare di ricordare niente di simile, e tutto ciò che ricordo è un pezzo del Corriere in cui si abbozzava l’idea che i meridionali avessero rubato i loro voti alti con la compiacenza dei loro insegnanti);
b) «si sposta adesso»: chi la sposta? Tu che scrivi? Osservatori internazionali? Esegeti indipendenti? E perché «adesso» e non domani o venerdì, o il mese prossimo?
c) «sull’esagerato numero di diplomati con 100 e lode delle scuole meridionali».

chi decide?

Qui mi fermo un attimo.
«Esagerato» rispetto a quale norma?
Fissata da chi?
Chi può dire – per esempio – che i 100 e lode siano troppi al sud e non troppo pochi al nord? Chi, insomma, stabilisce che al sud rubano e non che al nord sono troppo stretti, in ossequio al principio che devono raddrizzar le gambe ai cani? Chi decide che il cazziatone andrebbe fatto ai professori del sud?
E soprattutto: chi decide che i 100 e lode dei ragazzi del sud non siano meritati?

polemica? ma quale?

Ma anche al di là di questo, che tracce ci sono, nel pezzo, della «polemica» su questo tema?
Assolutamente nessuna.
Non c’è nessuno che dica alcunché, a parte l’estensore dell’articolo che, facendosi da sé garante della propria autorità, afferma che «la polemica si sposta adesso sull’esagerato numero di diplomati con 100 e lode delle scuole meridionali».
Non un insegnante che dica una parola.
Non un osservatore qualunque, non un «esperto», non un testimone, non un sindacalista degli insegnanti, non un rappresentante degli studenti, non un leghista, non la Gelmini, non un comunicato stampa del governo.
Niente.

i risultati

Se «alla fine i risultati conseguiti dai ragazzi» in generale «sono stati addirittura migliori dell’anno scorso», cosa vuol dire? Che i prof hanno interpretato e sono stati di manica larga? Che gli studenti erano effettivamente più bravi?
E in entrambi i casi, perché mai dovrebbe darsi una polemica (che peraltro abbiamo già visto inesistente) sui voti del sud?
Se, fortunatamente, gli insegnanti hanno «interpretato» i «meccanicismi» della Gelmini con un positivo «buon senso» che li ha condotti a ridimensionare il ruolo del «rigore», perché stiamo qui a menarcela con il fatto che al sud hanno rubato i 100 e lode?

prima domanda «sistemica»

Prima domanda: come può, un lettore, difendersi da un’informazione che viene data così?

seconda domanda «sistemica»

Seconda domanda: coloro che dicono che invece di scioperare contro la cosiddetta «legge bavaglio» i giornali avrebbero dovuto, al contrario, uscire in più gran numero, e magari gratuitamente, così da aumentare la circolazione delle informazioni, pensano veramente che questa sia informazione?

Pensano veramente che i nostri giornali comunichino realmente qualcosa che non abbia un suo sottosenso non spiegato, o – all’estremo opposto – una fortissima e dichiarata componente ideologica?