grembiuli ai rom: che dice lo psicologo di bertolaso?

Potrei parlare del gip di Verona che non ha convalidato il fermo di due degli otto nomadi accusati di avere indotto i figli – anzi: costretto – a rubare negli appartamenti, sostenendo (il gip) che “il delicato istituto del fermo è stato piegato” a fini incostituzionali. Non commenterò, perciò, quanta responsabilità, ai limiti dell’eroismo, esiga questo momento da chiunque detenga un ruolo che in qualche misura faccia da contrappeso istituzionale.

Oppure potrei dire dei trecento psicologi (trecento psicologi?!) che Bertolaso ha esportato a Napoli dal centro e dal nord per gestire – non capisco come, perché, esattamente per quale supposta patologia, e manifestata da chi, singolo o gruppo sociale (ah, Foucault; o anche solo Basaglia) – la questione della raccolta dei rifiuti.

E invece no.
Parlerò del grembiule a scuola.

La ministressa dice “oh, sì, sarebbe fantastico, così i ragazzini smetterebbero di fare a gara con le griffe”.
E gli psicologi (in viaggio verso Napoli?) commentano “oh, sì, sarebbe fantastico, così i ragazzini smetterebbero di fare a gara con le griffe”.
E la deputata berlusconiana ex giornalista del Tg4 dice “oh, sì, sarebbe fantastico, così i ragazzini smetterebbero di fare a gara con le griffe”.

Può darsi che tutto questo nasca sulla scorta di una spinta egualitaria, per carità. Può anche darsi che l’idea del grembiule non abbia niente a che vedere con la normalizzazione sociale, o con la repressione della dimensione della corporeità.
Però, a parte il fatto che io mi sento onestamente di dubitarne, voglio dire che questa proposta del grembiule è francamente farisaica.

Vero che la garetta fra Playstation e Wii e vestitini firmati e camiciole con le iniziali ricamate e impermeabilini Barbour in miniatura è antipatica. Ma cavoli: è la vita. E io non credo che l’idea di fingere che siamo tutti uguali sia un’idea geniale.
Non solo perché le differenze anche economiche esistono, e forse costituiscono movente alle più varie azioni e causa dei più vari epiloghi, e non vedo perché abbia senso far finta che non esistano solo per sentirci meglio. Anzi: solo per evitarci il fastidio di avere qualche senso di colpa per non aver fatto niente per ridurle (e nel perseguire l’obiettivo di non fare assolutamente niente per ridurle, mi sembra che i grembiuli siano un mezzo insuperabile).

Ma non è solo una questione di differenze economiche.
Io penso che irreggimentarci con grembiulini uguali equivalga ad anestetizzare la percezione delle differenze che esistono fra di noi, fra ciascuno di noi e chiunque altro.
E anestetizzare la percezione delle differenze risponde al movente di pretenderci uguali, il che è solo apparentemente egualitario.
Per me, anzi, serve solo a creare l’ennesimo spartiacque fra la “norma” così come a noi piace e la “devianza” così come a noi dispiace.
L’ennesima puntata del serial che va così di moda: “Chi è dentro è dentro, e chi è fuori è fuori”.

P.s. Stasera sentivo in cuffia dal mio vecchio iPod Kevin O’Connor e gli U2, e anche un po’ i Police. Ero in spiaggia da sola, il sole era già giù, la luce era rosa.
Ogni tanto toglievo il volume e sentivo il rumore delle onde.
E’ stato bello. Un momento di pace, di armonia fra me e l’esterno. Quando capita è veramente bello.