beh, grazie…

L’ufficio stampa della Sironi editore mi segnala l’uscita di una recensione di «Due colonne taglio basso» su «Realtà industriale», organo della Confindustria udinese (ringrazio tra l’altro il collega Carlo Tomaso Parmegiani, direttore editoriale del giornale, anche per i due complimenti che colloca in testa alla sua recensione).

È una recensione molto gentile e positiva, nella quale peraltro viene pure detto che «ahinoi», la realtà del giornalismo è spesso molto simile a quella che si trova descritta nel romanzo, che viene definito un libro «davvero ben riuscito» che «piacerà a molti, ma probabilmente non agli editori di quotidiani e ai giornalisti, soprattutto a quelli di provincia».

A tanta maggior ragione mi è un po’ difficile capire il motivo per cui si parli di «una lettura qualunquista tipica del nostro Paese».

È un’opinione che trovo singolare, in realtà.
Non solo perché so di non essere qualunquista, e so di non aver scritto una storia qualunquista.
Non solo perché il colpevole non è la Spectre, ovvero un potentissimo mostro senza nome o, appunto, un’«occulta consorteria».
Ma anche perché il movente è del tutto slegato dalla professione e dal milieu del potere.

O la descrizione dell’ambiente giornalistico è considerata credibile (e mi pare di sì, a leggere la recensione), oppure si ritiene che sia non tanto finta (il libro, del resto, racconta una storia d’invenzione e non riporta fatti storicamente avvenuti) ma inverosimile; e questo non mi pare che sia, perché la recensione si conclude sostenendo che l’immagine che esce dal romanzo «talvolta si avvicina alla realtà».

In effetti, dopo oltre sedici anni di vita quotidiana nei giornali, francamente mi stupirei moltissimo del contrario.