obbligati a dare il nostro libero consenso

Secondo comma dell’articolo 40 del regolamento di polizia urbana di Firenze, chiamato «Norme per la civile convivenza in città» e approvato il 24 luglio: «Gli operatori sanitari intervengono sul posto e attuano il provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio o accertamento sanitario obbligatorio ponendo in essere iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato nel rispetto della dignità della persona e dei suoi diritti».

Al di là delle considerazioni sull’inquietante disponibilità a normare qualunque aspetto relazionale della vita umana (grazie, Danilla), voglio dire che questa formulazione dell’articolo 40 rende chiaro uno dei fenomeni più disgustosi del tempo presente: la compulsione ideologica dei gruppi di potere a negare l’esistenza e la legittimità anche teorica del conflitto con opinioni diverse dalla loro, e il bisogno di autoassolversi preventivamente da qualunque possibile colpa discendesse dall’uso del loro potere.

Mi spiego meglio.

il corto circuito

Se il trattamento o l’accertamento sanitario di cui si parla sono «obbligatori», questo vuol dire che chi ci incappa non può sottrarsi né all’uno né all’altro.
Il suo «consenso», dunque, è tecnicamente ininfluente, e nel modo più categorico.
Che senso ha, allora, porsi il problema del suo consenso e della sua partecipazione?
Peggio: che senso ha porsi il problema di «assicurarsi» il suo consenso?

è il potere, bellezza

Se esiste il trattamento sanitario obbligatorio, allora significa che la legge riconosce l’esistenza di un interesse superiore in virtù del quale un cittadino può essere ricoverato senza la necessità del suo consenso.

È che chi scrive frasi così evidentemente (e letteralmente) prive di senso logico non riesce nemmeno a pensare di «tentare di ottenere», senza nessuna garanzia di riuscire.

una meta-violenza

Sbaglierò, ma io credo che non riescano a sopportare il peso della consapevolezza di avere imposto la loro volontà (cosa alla quale la legge li autorizza); e che non possano credere che ci possa essere al mondo qualcuno non disposto ad «assicurare» loro il consenso.
Loro sono in regola, sono a posto: chi mai potrebbe negar loro il consenso? Si tratta solo di ragionare, di convincere. Chi potrebbe mai avere opinioni diverse?
In manicomio, d’altra parte, se ti ribelli con veemenza alla reclusione confermi di essere pazzo; e se accetti remissivamente la prigionia confermi la tua consapevolezza che sei pazzo e che quello è il posto giusto per te.

l’inversione della realtà

Ti portano via indipendentemente (contro?) la tua volontà e non si accontentano di poterlo legittimamente fare: pretendono anche che tu accordi il tuo consenso alla procedura con cui vieni privato della tua libertà personale, giusto per sgravare loro da qualunque possibile senso di colpa, presente o futuro.
Pretendono di ammazzarti col tuo permesso.

e lo chiamano rispetto

Chi, in un Comune amministrato da ciò che credo non abbia senso definire sinistra, ha redatto l’articolo 40 ha il coraggio – o l’insipienza, o la pretesa – di rubricare tutto questo sotto la definizione di «rispetto».

P.s. Grazie a Cometa per la citazione.