l’importanza della complessità

semplicitaMolti, in queste settimane, usano l’argomento «meglio un partito solo invece che due, perché questo semplifica il quadro» con la serena pacatezza di chi è convinto di sostenere un punto di evidenza così lapalissiana da non meritare spiegazioni.

In senso generale, non riesco proprio a capire cosa ci sia di male in ciò che è per forza, per sua natura, «complicato» come la politica (che implica universi morali e ideali di riferimento vari e complessi da far dialogare tra di loro utilizzando mediazione, compromesso e spirito di adattamento).
Ciò che è complesso non si può artificialmente semplificare semplicemente segandone dei pezzi.

In specifico riferimento all’occasione che spinge questi saggi a parlare, ho da dire che in politica può considerare buona la «semplificazione» solo chi immagina di essere dalla parte del potere.
Con un Parlamento che le leggi elettorali consegnano così spudoratamente all’arbitrio della maggioranza, solo uno stolto o chi si sente dalla parte del potere può salutare con gioia l’appiattimento delle differenze, l’azzeramento della dialettica, l’annullamento del contributo delle minoranze.

L’ennesima balla ideologica che fa sentire estremamente intelligenti coloro che la scrivono sulle prime pagine dei loro miserevoli giornali, e maledettamente alla moda quei lettori che si abbeverano alla fonte inquinata e radioattiva di simili stupidi idioti.

Tra poco tutti si convinceranno che un partito solo è meglio di due.
D’altra parte, già hanno l’impudenza e lo squadrismo intellettuale di chiamarsi «popolo».