i profeti dei semplici

un_due_tre_stellaPoche parole semplici semplici. Evocative. Tranchant. Poche parole che non lascino spazio a contesti, spiegazioni, storia, motivi, ragioni.
Le stavo aspettando.
Mi meravigliavo che ancora nessuno avesse sfruttato l’occasione per sparare addosso all’Irpinia.

Eccole. Le scrive lui.
Stella, il principe della categoria dei pragmatici che hanno capito tutto, perché è già tutto lì scolpito nelle loro teste, e non c’è neanche bisogno di pensarci su chissà quanto.
Qui.

(In Irpinia) «quei soldi distribuiti dall’alto, a pioggia, per motivi massicciamente clientelari, finirono troppo spesso ai furbi e non ai bisognosi. Alla larga. Meglio il modello voluto dai friulani: delega dello Stato alla Regione, della Regione ai Comuni, dei Comuni alle famiglie. Un antipasto di federalismo che funzionò al punto che Manzano votò una delibera per dire: grazie, ma non abbiamo avuto danni, concentrate gli aiuti dandoli a chi ne ha bisogno».

Poche parole dalle quali si possa ancora una volta – l’ennesima – aver chiaro che questi son tempi in cui l’unica cosa che un giornalista con la g maiuscola può fare è chiarire che la cultura che impera si regge su due presupposti fondamentali, sui quali non è concepibile alcuna mediazione.

I capisaldi sono questi:
Il primo è che la complessità non esiste, e chi ne parla vi sta imbrogliando. Le cose son chiare e semplici (perfino quando i lavoratori messi in cassa integrazione o licenziati entrano negli uffici dei manager e li «sequestrano», con infinita maleducazione e venendo meno all’abc delle trattative sindacali). In fondo, la semplicità delle cose viene più facile da affermare, quando si assume il punto di vista dei vincitori, no?
Corollario minimo: questa cultura parla di «famiglia», e mai di cittadini titolari in se stessi di diritti.
Il «religiously correct» s’è fatto ortodossia sociale.

Il secondo è che l’unica cultura che ha senso propagandare è quella del nord. Anzi, chiedo scusa: del Nord con la maiuscola.
Là dove i treni arrivano in orario, dove nel 1976 ci fu addirittura «un antipasto di federalismo» (perché nel frattempo il mainstream ha già deciso che, senza dare alcuna spiegazione, il federalismo è cosa buona e giusta), dove il decoro è decoro e di monnezza non ce n’è (anche perché in effetti se ne manda parecchia al sud: con la minuscola).

Voglio solo aggiungere che non intendo minimamente negare che in Irpinia accaddero cose turpi. Non intendo farlo perché è vero: accaddero cose turpi.
Intendo solo dire che questo tipo di ragionamento mi ricorda tanto il confronto che, al mercato, due pettegole di paese decidono di fare fra due ragazzi, l’uno figlio di madre alcolizzata e padre ignoto, finito in galera dall’età di sedici anni per aver scippato una donna per procurarsi la droga; l’altro figlio di uno di quegli uomini coi gemelli ai polsini che comprano Corriere Style.
Chi avrà una vita più «corretta», lineare, di «successo»?
Da che parte staranno le pettegole di paese?

Contestualizzare non fa comodo a nessuno, crea dei rischi.
Buon sabato santo.