favole a buon mercato (del lavoro)

ideologia

Ho una domanda: come può, un giornale, permettersi il lusso di definire sic et simpliciter «migliori» gli atenei che il ministero ha deciso di definire tali, senza minimamente abbozzare uno straccio di approccio critico al concetto di «migliore», al parametro scelto?

In fondo, nel generale abuso di virgolette a cui i giornali sono abituati, qui sarebbe bastato mettere l’aggettivo tra virgolette, appunto, e già si sarebbe saputo che tra l’idea del ministero e quella di un osservatore terzo come in casi simili potrebbe essere il giornalista c’era un minimo di margine adatto a una distanza critica.

Nel pezzo, poi, il sublime: «La qualità della didattica è stata valutata» anche «in base» (e qui si cita il ministero) «“alla percentuale dei laureati che trovano lavoro a tre anni dal conseguimento della laurea”».

Come se il cosiddetto mercato del lavoro avesse qualcosa a che fare con ciò che si finge di voler qui premiare, cioè il criterio «meritocratico».
Come se le raccomandazioni, per esempio, non esistessero.
Come se la Gelmini, che è andata a Reggio Calabria fare l’esame da avvocato, vivesse in un mondo di fiaba.
E come se nello stesso mondo fatato vivesse anche Repubblica.

Quanto al Corriere, fa pure di peggio, dicendo nel sommario che «per la prima volta in Italia» viene «applicato un criterio di qualità nella distribuzione dei fondi».
Totalmente acritico.
Un ufficio stampa del governo.