battista placa le folle

Il pezzo di Battista sulle bandiere e gli inni regionali – proposta sconcertante e gravissima della Lega – è, a partire dal titolo («Il gusto (inutile) del chiasso»), un capolavoro di sottovalutazione intenzionale, quasi che l’obiettivo fosse tranquillizzare quel pezzo di Paese che crede che il Corriere abbia un suo perché, di modo da consentire che il progetto della Lega vada tranquillamente avanti indisturbato.

Il pezzo comincia così: «Non se ne farà niente (per fortuna), ma se ne parlerà molto (per sfortuna)».
Per Battista, sarebbe addirittura meglio non parlarne, dunque, perché questa è l’ennesima boutade leghista, e finirà nel nulla.
È solo folklore: state tranquilli. Anzi: «È solo la deriva della sindrome identitaria, l’idea che la politica debba ridursi a rivendicazione simbolica».

Secondo Battista, insomma, da quando la cultura leghista (se cultura essa va chiamata) è diventata mainstream non è successo niente di nuovo.
Come sempre, solo boutade.

Le impronte ai rom erano una boutade.
Il reato di clandestinità una boutade.
Le ronde una boutade.
Le gabbie salariali (le faranno) una boutade.
La legge su ciò che viene chiamato «federalismo fiscale» una boutade.
Tutto una boutade.
L’intera Gazzetta ufficiale una boutade, compreso il ripristino del reato di oltraggio a pubblico ufficiale.

Io penso che se è veramente, autenticamente convinto che la Lega sia folklore, e che questa storia di inni e bandiere regionali sia una scemenza, negli ultimi quindici anni Battista dev’essersi come minimo distratto per ventitré-ventiquattro ore al giorno.

Se invece non lo pensa davvero, mi domando a pro di chi scriva tutte queste parole.
Uno per il quale il «chiasso» della Lega è «inutile» è tremendamente «utile» a chi fa i fatti fingendo di fare solo chiasso.