di marrazzo e d’altre cose (grazie, paterlini)

passerottoE adesso Marrazzo.
E D’Avanzo che gli dice «parla, di’ la verità!».

E siccome le sue «debolezze», scrive, «sono ora lì, nude, sotto gli occhi di tutti», tu «governatore» (proprio tu, D’Avanzo.
Proprio tu, a usare una parola che non corrisponde a nessuna figura istituzionale.
Proprio tu, a usare scorciatoie linguistiche di sapore ideologico) hai «l’obbligo di affrontarle, in pubblico e a viso aperto».

che scoop

Si sentiva veramente la mancanza di un altro di questi scoop giornalistici che servono egregiamente a due bellissimi scopi, entrambi molto di moda.

la trappola del «gossip»

Il primo obiettivo è far dire alla gente (lo dicono anche persone molto avvertite e sveglie che, per dire, incontro alla Fnac con le braccia cariche di libri non scritti da nuove o vecchie Liale) che «ormai i giornali non si possono più leggere, perché contengono solo gossip» (così, dicono: «gossip», e non si rendono conto che solamente usare quel termine invece dell’italiano significa che ci son cascati anche loro).

«son tutti uguali!»

Il secondo obiettivo è far dire alla gente che in politica tutti sono uguali.
Quest’affermazione, a seconda del livello di compiaciuta provocatorietà simil-sgarbiana che a ciascuno piaccia coltivare, si divide normalmente in due sotto-affermazioni divergenti.
Una è «guarda che schifo, noi sì che siamo morali».
La seconda è «fanno quel che facciamo/vorremmo fare anche noi» (corollario: «L’essere umano fa schifo, che cazzo possiamo farci, signora mia?»).

le responsabilità istituzionali

Ora.
Lo dico forte e chiaro.
Le vicende di Marrazzo e Berlusconi sono tremendamente diverse.
Tremendamente.
In via di prima approssimazione, basterà dire che sono molto differenti le loro responsabilità istituzionali, affermazione alla quale qualcuno potrebbe senz’altro replicare che l’argomento non conta, perché la qualità delle azioni è identica.
E poi ci torno. Presto, poco sotto.

il mio paese

In secondo luogo, le responsabilità che Berlusconi ha nell’aver reso questo Paese quel che è attualmente è infinitamente superiore a quella di Marrazzo e di chiunque altro, daddarie comprese (e questo va pur detto a chi mostra di credere che fare la prostituta sia del tutto equiparabile all’essere un “utilizzatore finale”, noto o sconosciuto).

l’autentica famiglia…

Il problema non è l’eventuale incoerenza fra i comportamenti privati (di Marrazzo, che mai ha partecipato al «family day») e i comportamenti pubblici.
Questa è certamente un’istanza politicamente non priva di senso, ma del tutto inapplicabile alla situazione, anche perché non mi risulta che Marrazzo abbia mai sostenuto che l’unica autentica famiglia sia quella costituita da un uomo e da una donna con prole, né che mai abbia detto che essendo gli omosessuali sterili, beh, allora sono una forma di vita inferiore, e non voglio neanche pensare a che livello potrebbero essere collocati i/le transessuali in questo quadro…

gli argomenti di paterlini

Sul blog di Gilioli – qui – Piergiorgio Paterlini scrive qualcosa che mi è sembrato estremamente persuasivo, e volentieri integro in questo mio ragionamento, poiché non lo considero in contraddizione.
Leggete quel post, ne vale la pena.
Paterlini dice che non si può fare di questa storia una vicenda di «debolezza privata», perché «nella storia di Marrazzo e in mille altre simili c’è più dignità e più miseria di quanto non immaginiamo. Sia più dignità che più miseria, e assai probabilmente non dove ci viene di collocarle. Questa dignità, questa complessità, questo mistero debbono avere visibilità, venire alla luce, insieme alle persone che li portano più di altre nel corpo e nell’anima».

la cassia e l’aereo

C’è anche un’altra questione apparentemente secondaria, a segnare l’enorme differenza fra le due situazioni: l’asserito incontro fra Marrazzo e la transessuale è avvenuto – se ne legge – in un appartamento sulla Cassia (o dove altro è avvenuto a Roma), e non in una stravilla sarda diventata inconoscibile e inavvicinabile per questioni di sicurezza nazionale; nessuno ha raggiunto l’appartamento con aerei, elicotteri o lance, private o di Stato.
E questo indipendentemente da qualunque valutazione possa averne voluto fare la Corte dei Conti.

decenni di spazzatura

Canale 5, Programma Italia, la Fininvest, Italia 1, Rete 4, gli strilli delle laide vecchiacce ospiti della De Filippi per fare da contraltare alla freschezza sconcertantemente priva di senso delle giovanissime meravigliose idiote attorno a cui ruotavano le trasmissioni (perché di tipi di donne ce ne son solo due: quelle che la danno a Berlusconi e quelle che vorrebbero ma non possono più); quella trasmissione, Forum, dove la legge e la giustizia diventavano arbitrati negoziali; le scosciatissime; le plasticatissime; le botulinate; le stralacrime in diretta; le vite vip che poi son passate sulla Rai di Cucuzza…
Tutto questo non l’ha inventato Marrazzo.

le colpe di silvietto

Marrazzo non ha avuto ruolo, perlomeno apparentemente, nella riduzione della Repubblica italiana ad «azienda Italia» (e certa gente, se potesse, toglierebbe perfino la «i» maiuscola).
Marrazzo non ha avuto ruolo nella fissazione delle priorità pretesamente politiche (e in realtà negoziali e privatistiche) del mio Paese.
Marrazzo non ha promosso il darwinismo sociale come ideologia vincente.
Marrazzo non ha mai detto nell’ultimo dibattito prima delle elezioni politiche che «la sinistra pretende che il figlio dell’operaio abbia le stesse opportunità del figlio del professionista, e questo è inaccettabile».
Marrazzo non ha mai detto a Rosy Bindi che era un brutto cesso o alla Carfagna che era una bella gnocca (il che è concettualmente uguale, se la parola «concetto» non fosse, per alcuni, troppo troppo difficile da capire).
Non ha mai detto che Mario Giordano, o Santoro, o Biagi, o chiunque altro, facevano «un uso crimimoso della tv» e se ne dovevano andare.
Non ha mai detto che avrebbe mandato la polizia nelle università occupate.
Non ha mai ridotto i poveri a questuanti con social card o stronzate del genere.
Non ha mai chiesto le impronte digitali ai bambini rom.
Non si è mai alleato con la Lega.

arrampicarsi sui corpi morenti

Per farmi un’idea personale su com’è Berlusconi io non avevo alcun bisogno che qualcuno mi mostrasse le foto di orde di ragazze che andavano a casa sua portate da aerei con la scritta Repvbblica italiana o con altre scritte.
Delle sue idee politiche avevo un giudizio già sufficientemente formato, e chiaro: erano e sono sostanzialmente l’opposto delle mie.
Della sua idea di mondo come luogo in cui invece di vivere ci si arrampica sui corpi morenti di chi non ce la può fare ma ci prova lo stesso, offrendo la sua testa sanguinante alle suole chiodate dei bastardi che gli si stanno arrampicando addosso, io già sapevo.
Già sapevo anche che quell’uomo non riesce ad accettare la sua vecchiaia, e si fa interventi che lo rendono mostruoso, perché a lui quella cosa lì – a differenza che a me – non pare ridicola, malinconica e tragica.

chi detta la linea e chi la contrasta o la subisce

Piaccia o no a un incredibile D’Avanzo – che ritiene (come se fossero cazzi suoi, o, peggio, addirittura miei) di dover adesso chiedere a Marrazzo di confessare pubblicamente che gli piace intrattenersi coi transessuali – resta il fatto che la responsabilità di chi «detta la linea» è infinitamente superiore a quella di chi la subisce o la contrasta.

frankenstein

Uno potrebbe dirmi: ma che c’entra la politica col sesso?
La risposta è ovviamente questa: «Niente».
Ma non sono stata io, e neanche Marrazzo – credo – a fare della vita privata delle persone materia di libelli agiografici e motivo di mobilitazione del voto di pancia.
Non sono stata io a far filtrare nelle falde acquifere la diossina che «se uno è stato un bravo imprenditore, allora sarà anche un bravo politico».
Chi ha inquinato i pozzi facendosi figo per le sue donne, i suoi successi, le sue barche, i suoi aerei, la sua faccia da ridicolo Frankenstein perpetuo, le sue foto con l’effetto flou e i capelli smaltati non sono stata io, e non è stato neanche Marrazzo.

esprit de finesse

Se poi questo gentiluomo è stato sorpreso dal fotografo mentre a una cerimonia repubblicana si grattava ciò che il pudore (e il ribrezzo fisico) mi impedisce di nominare; se la voce di questo animo nobile è stata registrata mentre con il responsabile degli sceneggiati Rai parla di attrici che, generose con lui, erano da premiare con particine tv; se poi a questo campione di scienza è scappato detto che Eluana Englaro doveva vivere perché era ancora feconda (con il che implicitamente sostenendo che le donne in menopausa possono liberamente crepare anche quando non in situazioni medico-esistenziali meramente vegetative); beh, se poi questo bipede ha fatto e detto queste cose, non è colpa né mia né di Marrazzo.

ma quale «gossip»?

No. I giornali non sono «gossip».
I giornali sono spesso merda. Altro che gossip.
Merda fatta in molti casi – ma con molte lodevoli eccezioni – da gente che omeopaticamente ha fatto in tempo ad abituarsi al gusto della merda cominciando a piccole dosi, e ora non ci fa più tanto caso; e anzi, rimprovera con sereno cinismo chi sente puzza di merda usando parole impegnative e profonde come queste: «Ma guarda che ti sbagli, è così dappertutto».

il «rumore»

I giornali nascondono le notizie, si diceva una volta.
Oh, sì. Certo che lo fanno.
Ma quel che stanno facendo ora è un’evoluzione dagli esiti al momento imprevedibili: creano rumore, inquinamento, nebbia e fumo dietro cui confondere ogni cosa.

un esempio

Farò uno stupido esempio, a scanso di equivoci completamente falso.
Facciamo che al matrimonio di un qualunque politico illustre sia assente uno dei suoi più cari compagni di merende, e che il pezzo giornalistico che ne fa la cronaca ometta di segnalare quell’assenza (ma naturalmente non dica nemmeno che quel tale era presente).
Facciamo che il pezzo sul matrimonio non riporti da nessuna parte del titolo, dunque, l’assenza dell’amico dello sposo.

il testimonial

Facciamo che tre o quattro pagine dopo, un altro articolo dello stesso settimanale parli – ma tu guarda – proprio di quell’assente, che il giorno del matrimonio era andato a fare una sessione fotografica per partecipare a – vediamo un po’… – per fare da testimonial per un’automobile.

la realtà non è nascosta!

Bene.
In questo caso cos’è successo?
Si può ragionevolmente sostenere che il magazine abbia nascosto notizie?
No, naturalmente.

il problema è la decontestualizzazione

Ma quel che il giornale ha fatto è forse ancora più grave: ha decontestualizzato i fatti, li ha frantumati, polverizzati e disseminati tra le nebbie di altre notizie.
Chiunque volesse capire le cose, dovrebbe mettere insieme troppe cose, e troppo distanti fra loro. Cioè dovrebbe fare il giornalista, in una parola. E invece è un lettore e basta, che avrebbe tutto il diritto (ma adesso anche al lettore credo vada benone così) di pretendere che questo sforzo di riconnessione fra gli eventi lo faccia un giornalista.

la realtà polverizzata

Prima di consolarci scegliendo la via facile – ovvero prima di dire a noi stessi, o di sostenere in pubblico, che i giornali sono inguardabili perché si occupano solo di pettegolezzi – proviamo a pensare con quanta efficacia viene utilizzato un infinito numero di strumenti per polverizzare e decontestualizzare i fatti, per creare rumore.

dimissioni? forse

E prima di sostenere che Marrazzo deve dirci se a lui piace di più sua moglie Roberta o il transessuale della Cassia, limitiamoci – se ci pare il caso – a chiederne le dimissioni perché, chissà mai, magari la transessuale potrebbe sempre ricattarlo.
Non parlo (tanto) di ricatti generici, ma di ricatti politici. Che so: dacci quel patrocinio sennò faccio girare il video, per esempio.

e i diritti dei trans?

E qui torno a Paterlini. Che dice un’altra cosa che a me pare estremamente importante. E cioè che se c’è un buon motivo per il quale a Marrazzo possono venir chieste le dimissioni, bene, quel motivo è anche il fatto che Marrazzo, pur frequentando una o più transessuali, non ha mai ritenuto che gliene derivasse l’obbligo politico di battersi per i diritti dei transessuali. Se non lo fa», scrive, «che non lo faccia per me è il vero, forse l’unico scandalo, la vera intollerabile contraddizione fra pubblico e privato».
Io penso che Paterlini abbia completamente ragione.
E, tra l’altro, da un politico che si definisce di sinistra una cosa del genere me l’aspetterei.

io non capisco

Per capire lo stato dell’arte, è interessante leggere Telese sul Fatto quotidiano: «Cosa c’è dietro la solitudine di questi leader, che sembrano trovare gratificazione solo in una vita parallela e in una dimensione sessuale diversa da quella che manifestano in pubblico (a tratti disperata)? In una intervista che pubblichiamo domani Rosy Bindi ci dice che esiste una questione morale anche nel Pd».

vite parallele

Ma come? Frequentare transessuali è una pratica che va riferita all’esistenza di una «questione morale»? Frequentare transessuali è una «vita parallela»? Perché – io mi domando – frequentare transessuali non può semplicemente essere una delle infinite forme che può assumere la relazione fra esseri umani, e dev’essere per forza espressione di una vita parallela e segreta?

ma le lenzuola, quelle no!

Chiediamogli le dimissioni, magari.
Se proprio sentiamo di dover fare qualcosa facciamo questo, che è meglio; che è il massimo a cui possiamo spingerci.
Non spingiamoci sotto le lenzuola, o sui divani, di chi di quelle lenzuola e di quei divani non solo a noi non ha mai parlato, ma non s’è mai nemmeno fatto scudo.
Non spingiamoci sotto le lenzuola di chi non ha mai voluto farci sapere quanto dotato fosse, e di qual vaglia fosse la sua resistenza allo sforzo di ciò che, sopraffatto dal senso di colpa, con squallida impudenza potrebbe chiamare amore.