e adesso?

Per i giornali stranieri tutto quel che è successo è questo.
– «Abolita la legge per l’immunità del primo ministro» (Bbc News, titolo di apertura); – «Rigettata la legge berlusconiana sull’immunità» (The Guardian, terzo titolo);
– «I giudici infliggono a Berlusconi una mazzata esiziale» (The Times, UK edition);
– «Berlusconi perde l’immunità giudiziaria» (Irish Independent, titolo di una breve);
– «I giudici italiani respingono l’immunità del primo ministro» (New York Times, titolo di apertura).

In Italia sembra che sia successa tutta un’altra cosa.
– «La Consulta: illegittimo il Lodo Alfano, Berlusconi attacca Corte e Napolitano» (Il Corriere online, titolo di apertura);
– «La Consulta: il Lodo Alfano è illegittimo. Berlusconi: “Vado avanti, giudici di sinistra”. E attacca Napolitano: “Preso in giro”» (La Repubblica online, titolo di apertura).

Fa eccezione La Stampa, che online titola così il suo speciale: «La Consulta boccia il lodo Alfano: “È incostituzionale”».

Per carità: i giornali italiani sono in condizione di vedere le cose più in profondità, registrando anche nei titoli l’intensità senza precedenti di un pericolosissimo e sconsiderato scontro istituzionale che dolosamente il nostro presidente del Consiglio non si fa il minimo scrupolo a incendiare, al contrario di ciò che sarebbe invece suo dovere di statista (e di uomo, aggiungo).

Ma ai giornali stranieri – a cui pure, in altri articoli connessi al titolo principale, non sfugge la drammatica complessità delle possibili conseguenze politiche – pare risulti chiarissimo, patente, cristallino, ciò che noi sembriamo aver perso di vista: che la Corte costituzionale si è pronunciata tecnicamente su ciò su cui nessuno può sottrarle la giurisdizione.

Che ci siano conseguenze politiche – o meglio: da gestire politicamente – è chiaro; ma è altrettanto ovvio che la Corte costituzionale ha fatto il suo lavoro, che può piacere oppure no, ma non sembrerebbe legittimo qualificare semplicisticamente come un’azione pilotata di killeraggio politico.

Il passaggio è stretto. E Berlusconi sta reagendo con una violenza squadrista di valore storico.
Lui ha il potere, e si comporta – grida, insulta – come se non ce l’avesse; come se non potesse far altro che strillare perché all’oprar gli è chiusa ogni via. Come se qualcuno gli stesse togliendo il potere, o addirittura gliel’avesse già tolto.
E quindi si appella al cosiddetto «popolo» per ottenere dapprima l’irragionevole status di vittima, e poi lo spaventosissimo status di conducator.

E Ghedini, l’uomo per cui «la legge è uguale per tutti, ma non la sua applicazione» (come se la legge fosse un titoo di credito da negoziare al valore nominale), si profonde in un commento destinato a passare alla storia come quello dell’«utilizzatore finale».
Ecco qui: «Si pretende, contro la volontà popolare, che il presidente del Consiglio anziché occuparsi dei problemi nazionali ed internazionali, sia costretto a seguire evanescenti processi».

Lui ha, nell’ordine, deciso che:
1. la Corte «pretende», quasi che non avesse il diritto di sentenziare e stesse agendo in deroga ai suoi poteri;
2. sulla scheda elettorale ci fosse una casella che, barrata dalla maggioranza degli elettori, diceva «io non voglio che Berlusconi venga processato»;
3. il governo dello Stato tolga così tanto tempo ed energia a Berlusconi da impedirgli di affidarsi agli avvocati per la sua difesa nei tribunali;
4. i processi che riguardano Berlusconi siano per definizione «evanescenti», probabilmente per il semplicissimo motivo che Berlusconi è al di sopra di ogni sospetto.