l’anonimo rampollo, mills e il gigante verdini

Pillole estemporanee.

Leggo qui che una rissa ha coinvolto un tale che viene identificato con nome e cognome – imprenditore, ma rampollo, sembra, di nessuna famiglia – e tre ragazzi, fra i quali (ed ecco scattare i condizionali giornalistici) «il più giovane sarebbe il figlio di un noto industriale italiano».
Non mi è chiaro perché non ci sia il cognome.
Deferenza?
Telefonatina?
Onore, nel frattempo, a Repubblica, che fa nome e cognome, parlando di un nipote di Clara Agnelli.

Verdini, il coordinatore del partito berlusconiano (il quale Verdini c’ha già di suo certi cavoletti puntuti tra cui destreggiarsi), commenta così la sentenza con la quale la Corte di cassazione ha annullato la condanna per Mills perché il reato, pur consumato, è caduto in prescrizione: «Solo la protervia dei giudici milanesi, che colpendo Mills intendevano colpire Berlusconi, ha fatto sì che il processo contro l’avvocato inglese venisse trascinato per mesi attraverso continui strattonamenti al codice. È questo il prezzo che si deve pagare, anche a danno del contribuente, per l’incredibile persecuzione giudiziaria di cui è fatto oggetto il presidente del Consiglio».

Cose da pazzi: il processo è stato rallentato dalle leggi del governo Berlusconi (e della maggioranza, ma lo dico solo per fingere che il Parlamento abbia un senso perfino in quest’era) e Verdini dice che i giudici milanesi, con la loro protervia, hanno trascinato per mesi il processo contro Mills.

Il ribaltamento della realtà è sconcertante.
A volte io penso che loro ci credano davvero, e che siano caduti vittima di un sortilegio a metà fra il magico e lo psichiatrico.
Quasi quasi è meglio pensare che non credano a una sola parola di quel che dicono.