ma la gente si rende conto di quel che scrive? (sì)

Cosa scrive sul Corriere Sergio Romano a proposito dell’inchiesta sul G8 alla Maddalena e sugli appalti?
Cose di un certo fascino, di aria molto «terzista».
Cose che sembrerebbero quasi richiamare l’esigenza di chiudere l’era delle «emergenze»…

Eppure…
A leggere bene, Romano ci fa qualche sorpresa.

«Corriamo il rischio» (cioè siamo in tempo per fermarci, gente: niente è ancora compromesso. Noi terzisti siamo persone ottimiste) «di passare da una situazione in cui non si fa niente» (cioè gli ospedali che la dc costruiva nelle nostre città erano «fare niente», e le anagrafi erano «niente», e le strade «niente», e le autostrade «niente», e le scuole «niente». L’Italia, insomma, non c’è, e nessuno l’ha fatta) «a una situazione in cui tutto può essere materia di»…

Suspense.

«Corruzione»?
«Malcostume»?
«Scambio»?
Macché: «materia di sospetti e» – attenzione – «indagini».

Cioè.
Prima non si faceva niente perché, insomma, tutte queste leggi rallentavano, e che due palle.
Adesso facciamo anche, però c’è il rischio che tutto diventi materia di sospetti e indagini.

Io vorrei solo ricordare all’Enorme Romano che:
a) i sospetti sono libero esercizio garantito dal funzionamento cerebrale degli individui. Possono non piacere, ma non esisterà mai niente – e grazie a dio, direi – «al di sopra dei sospetti»;
b) l’indagine non è un rischio. L’indagine è una delle dinamiche del bilanciamento dei poteri nello Stato di diritto. Anche l’inchiesta può non piacere, ma tant’è.

Quel che Romano sta dicendo non è quel che sembra dire.
Non sta pensando – come invece afferma – al «problema del buon funzionamento di uno Stato moderno» (quasi che in materia nessuno avesse mai detto e scritto niente, e ci volesse il suo intervento per svegliarci tutti da un colpevole torpore secolare, e spingere Berlusconi a occuparsi finalmente, dall’alto della sua sapienza, di questi temi alti).
No.
Romano arriva a ipotizzare che esista e debba essere scovato e realizzato un metodo tale da poter rendere gli atti amministrativi o politici al di sopra del sospetto e al di là delle inchieste.

Cioè: tali da non essere sottoposti né al vaglio critico delle intelligenze, né al vaglio istituzionale della magistratura.
Cioè, atti intoccabili, non esaminabili, non valutabili, non criticabili. Giusti e corretti in sé.
Esattamente come Bertolaso è per Berlusconi: indiscutibile, corretto in sé.

Infine.
Postilla.
Dissento in radice dall’affermazione con cui egli dice che se Berlusconi avesse messo la sua «cultura del fare» (orribile e ideologica espressione insignificante) «al servizio di grandi riforme istituzionali e amministrative, ne saremmo stati tutti, indipendentemente dal nostro voto, felici».
Mi deve prima spiegare cosa intende per:
– «riforme»;
– «grandi»;
– «istituzionali»;
– «amministrative».
Ma naturalmente si guarda bene dal farlo, preferendo pensare che anch’io – e chissà quanti altri; anzi: tutti – saremmo stati d’accordo con qualunque cosa Berlusconi avesse voluto fare.
Si chiama mistificazione, ma non starò qui a sottilizzare.