con gli occhi dei trentenni, quelli ggiovani

Hanno studiato, girato, visto.
Hanno goduto dei legittimi privilegi che i genitori hanno costruito per loro.
Hanno fatto le vacanze tutti gli anni; mare, montagna e viaggi in Europa con mamme e padri. «Vedi, bambino? Quello è il Centre Pompidou». E loro a dire sì mamma, sì papà.
A percepire se stessi come esemplari di una piccola razza padroncina che annusa l’arte e la mette da parte, vedrai che prima o poi mi torna buona.

A scuola dicevano «ciao» a qualche insegnante, hanno discusso da pari a pari con docenti di filosofia dalle schiene un po’ curve e, forse, con maglioncini marrò con le alte percentuali di sintetico compatibili con i loro stipendiucci essenziali, oserei dire minimalisti come certe operine di architettura giapponese.
Sanno di Kant, di Socrate-Platone, di Weber e di Keynes, forse anche qualcosa di Marx; quanto a Foucault e Derrida, non ne parliamo neanche: li hanno disciolti in mezzo bicchier d’acqua (naturale, ci mancherebbe altro, e a temperatura ambiente) e se li son bevuti tutti in un sorso.
Hanno una bella cultura, insomma, e se ne rivestono come di una preziosa aderentissima pelle, utile a tenere a distanza mani e sentimenti altrui.
Pelle sintetica, però. Quasi latex: tengono moltissimo all’ambiente.


Si sentono pragmatici e razionali, gente che sa farsi un baffo dell’ideologia, perché nell’89 loro erano là, a veder crollare il muro – no, cioè, volevo dire il Muro – per capire nella carne, nella loro carne, i disastri delle ideologie. E se a Berlino non erano fisicamente, erano là nello spirito. Minimo minimo.
Comunismo e fascismo, praticamente la stessa cosa anche se con qualche riflessivo distinguo; il nazismo lo spostiamo un po’ più in là, d’accordo. Certo che lo spostiamo verso destra: che domande sono? Però il nazismo è molto Hitler e molto Arendt, e comunque il male è assai più banale che nazista.
E mettiamo un po’ le cose in chiaro: il male è il Male.
È Hitler, casomai, che puoi scrivere con la minuscola.
Era solo un uomo un po’ pazzo.
Pazzo e banale.
Come dici?
Nazista?
Sì, beh.
Anche. Ma più di tutto pazzo e banale.

I massimalismi loro li han banditi da sempre.
Le dietrologie figuriamoci.
Roba da sconfitti, da vinti dalla storia. Da quarantenni, cinquantenni.
Anzi, diciamola tutta: roba da vecchi.
Da geronti che ci tolgono il futuro rimanendo attaccati ai loro posti, e pensare che noi avremmo tante di quelle cose da dire; noi raddrizzeremmo le gambe ai cani, se solo ci lasciassero occupare il posto che meritiamo di occupare nel mondo, noi coi nostri corpi di legno verde e le nostre menti vivaci ed elastiche.

E poi, ragazzi, adesso basta: non possiamo esaurire ogni cosa nell’antiberlusconismo.
Berlusconi ha i suoi pregi e i suoi difetti.
Sì, va bene: più difetti che pregi, non dico di no.
Però siamo noi che dobbiamo essere realisti.
Il valore è misurato dal mercato.
Le cose hanno un prezzo.
L’egualitarismo è carino, sì. Ma la meritocrazia? Quella dove la mettiamo, eh?

Io, per esempio.
Sarei bravissimo.
Un tuono.
Thunderbird (e non dimentichiamo né gli indiani americani né che noi sappiamo le lingue perchè tutti gli anni ci facevamo la vacanza studio all’estero dalle parti di Brighton).
Beh.
Sarei bravissimo e invece i vecchi mi bloccano.
Io meriterei ma non gliene frega niente a nessuno.

Per fortuna che adesso qualcuno parla anche di queste cose.
Non è che solo per il fatto che ne parlano la Gelmini o Brunetta noi possiamo concluderne che dicono cose sbagliate, no?
Bisogna essere intellettualmente onesti, mica come voi vecchi.

Noi siam precari, cari voi.
Ci avete scippato il futuro, e siete belli fortunati che a noi il terrorismo ci fa orrore, ci fa schifo, non vogliamo neanche contestualizzarlo storicamente e politicamente, perché ci sono cose orrende delle quali semplicemente non si può nemmeno accettare di discutere, punto e chiuso.
Del terrorismo non si discute. Stop.
È male.
Non Male con la maiuscola, epperò ugualmente banale come il nazismo.
Giovani disorientati dalle vite sbandate che credevano al massimalismo, alle ideologie di destra e di sinistra che noi invece abbiamo superato.

Abbiamo superato tante cose, noi.
Per esempio: la Costituzione.
Importantissima, per carità.
Firmiamo un sacco di appelli perché sia chiara la nostra intenzione di difenderla.
Però diciamocelo: è stata fatta un sacco di anni fa, e adesso bisognerebbe anche avere il coraggio di cambiarla.

Il lavoro, per esempio, no?
Siamo una Repubblica fondata sul lavoro?
No!
Noi siam precari!
Per noi il vostro bel sindacato da vecchi non ha mai fatto niente.
Voi garantiti a parlarci di sindacato, bravi. Ma che bravi. E a noi precari cosa viene in tasca, eh?
Dovremmo forse appoggiare gli scioperi di chi come voi geronti ci ha reso precari?

E questa cosa del Parlamento, poi.
Ovvio che è essenziale.
Però i processi decisionali son veloci, devono essere veloci, il mondo cambia, c’è la globalizzazione, c’è Internet, la rete, la comunicazione globale.
Il Parlamento è essenziale, ma bisogna snellirlo, velocizzarne i processi.
Eliminare le rendite parassitarie, anche.

Che senso ha la democrazia rappresentativa, ormai?
Non è meglio che i cittadini partecipano direttamente alla politica, dicendo la loro?
Come dite? Dite che questa non è la politica?
Ah, bravi voi vecchi!
Sapete tutto, eh, voi?
Ma avete una vaga idea di quanta velocità e quanta efficienza abbia introdotto, per esempio, la rete nella trasmissione delle informazioni?
Che senso ha stare ancora lì a discutere di organismi di rappresentanza intermedia, di decisioni da assumere dopo un dibattito, di forze da misurare, di relazioni di potere?
Perdite di tempo, cari i nostri geronti.
Ci parlate di istituzioni; di processi, di contesti.
Bravi. Complimenti.
Ma cos’hanno fatto le istituzioni per noi, eh?
Cos’hanno fatto?
Hanno solo rubato i nostri soldi e le nostre speranze.

Il Grande fratello ci fa schifo, non ci interessa.
Però che senso ha che noi continuiamo a produrre pensieri alati, eccellenti, meritori, qualitativamente eccelsi, senza che poi essi possano trovare lo spazio che meritano nella conoscenza comune?
È qua che voi vecchi dimostrate ancora una volta di non capire.
Abbiamo bisogno del nostro posto al sole, della nostra vi-si-bi-li-tà.

Dobbiamo essere presenti, farci sentire, parlare, apparire in tv, conquistare una posizione sul palcoscenico.
Cos’è? Vi fa schifo?
Fate gli schizzinosi?
Ah, come siete indietro. Non sapete che questo è l’unico modo?

E basta, vecchi, basta anche con le lamentele contro il mercato.
Il mercato è egualitario, meritocratico.
Sa decidere, il mercato, mettendo in ordine i meriti e i valori, cari miei.
Basta con le rendite di posizione.
L’abbiamo già detto?
Beh, che importa. È quello che pensiamo!

Il mondo è nostro, gente.
Levatevi dalle palle, adesso.
Avete fatto il vostro tempo.
Anzi.
Che idea.
Facciamo un gruppo di Facebook per l’abolizione della gerontocrazia.
Come?
L’han già fatto?
Beh, vabbè, lo rifacciamo.
Stavolta raccogliamo anche le firme, forse.
Verrà una bella roba, potremmo organizzare anche con un convegno con dei bei nomi.
Poi lo mettiamo in streaming.
Magari ne parlano i giornali.
O magari se ne accorge la tv.
Chissà.
Sarebbe bello.
Dài che stavolta facciamo il botto.