monopoli, le città, la finzione, il buonsenso

Pensavo che fosse uno scherzo.
Non lo è.
Da qui
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Il consiglio comunale di Milano si mobilita con un’iniziativa trasversale agli schieramenti per far sì che la nuova edizione del gioco di società Monopoli ricordi anche il capoluogo lombardo.

Alla mozione urgente presentata dal consigliere comunale pdl Alessandro Fede Pellone si sono ben presto aggiunte le firme dei rappresentanti di tutti i partiti politici, che chiedono al sindaco Letizia Moratti e al nuovo assessore al Turismo, Alessandro Morelli, di fare di tutto perché nella nuova plancia di gioco figuri anche il nome di Milano.

Fino al 28 luglio gli internauti sono chiamati a scegliere i nomi delle 22 città che sostituiranno le vie ormai famose del Monopoli, come Vicolo Stretto e Parco della Vittoria, ma finora il capoluogo lombardo ha conquistato solo lo 0,18 per cento delle preferenze, mentre città come Chieti, Reggio Calabria e Catanzaro hanno già totalizzato oltre il 10 per cento dei voti.

«La mancanza della presenza di Milano in un gioco così importante e storico – affermano i firmatari – rappresenterebbe una mancanza di riconoscibilità e quasi una beffa per una città che anche in vista dell’Expo 2015 vuole assumere un carattere internazionale e dove le trasformazioni edilizie di molti quartieri stanno trasformando la città in un grande Monopoli».

Per questo la mozione chiede alla giunta non soltanto di sollecitare l’inserimento del nome di Milano nella nuova versione di Monopoli, ma anche di avviare una campagna di informazione per invitare i milanesi a votare su Internet la propria città.

Il lamento ormai sempre più simile a una specie di ridicola mania di persecuzione delle città, trattate come se fossero individui sotto tutela del pater familias/sindaco, che esercita la piena potestà («ommioddio, si dimenticano di noi»).

La convinzione di essere i migliori («carattere internazionale»).

Il lapsus su ciò che si sta riducendo ad essere la città («un grande Monopoli»).

Il simulacro della trasversalità sulle cose di «buonsenso» (cioè sostanzialmente tutte quelle che vengono dette da destra e moltissime di quelle che vengono dette dalla sinistra realistico-migliorista; in questo caso «iniziativa trasversale agli schieramenti»).

Il senso di lesa maestà («una mancanza di riconoscibilità»).

L’idea che l’informazione debba veicolare concetti convenienti (e di «buonsenso»? Vedi «campagna di informazione»).

E la solita lacrima di antimeridionalismo imborghesito («finora il capoluogo lombardo ha conquistato solo lo 0,18 per cento delle preferenze, mentre città come Chieti, Reggio Calabria e Catanzaro hanno già totalizzato oltre il 10 per cento dei voti»; sottotesto possibile: dev’essere stato perché hanno messo all’opera le forze oscure della malavita organizzata, quei terroni)…

E il lessico «bellico» di quel «conquistato»…

In questo pezzullo del Corriere della Sera non c’è forse quasi tutta la «modernità»?
Perfino nel fatto che invece di riderci su, la cosa viene definita «L’iniziativa»…

Non so.
Vedendo cosa succede ogni sera in piazza Bra e nelle vie limitrofe (azzeramento dello spazio civile, riempimento delle strade – chiuse – con camion di concertisti, cassoni metallici di strumenti di amplificazione, affollamento di scenografie areniane, auto di una concessionaria veronese in mostra davanti all’anfiteatro, veicoli di privati con permessi speciali posteggiati dovunque nella piazza, anche al di fuori dagli stalli, tendoni, impalcature di tubi Innocenti, camion che fanno da generatori a motore sempre acceso), a me sembra sempre più chiaro che le città sono diventate come palcoscenici nei quali si svolge uno spettacolino miserando a beneficio dei piccoli fans.

Venite, gente! La piazza, l’anfiteatro, le strade, non sono più per i privilegiati bastardi! Possiamo andarci a scorrazzare con i nostri sederi scoreggioni e i nostri suv perfino noi che siamo vissuti dentro pentole a pressione in attesa di poter finalmente scoppiare e fargliela vedere, a questi rottinculo borghesi!

Non importa cosa copri, cosa rendi invisibile, cosa distruggi.
Quel che conta è lo scenario che costruisci per lo spettacolino.
E tutto è uguale: viene Stevie Wonder viene Gigi D’Alessio viene Brignano veniva la Callas…

Nelle città funziona come con la chirurgia plastica: non importa che tu distrugga il senso del passaggio del tempo su di te; quel che ti interessa è creare una specie di tabula rasa dove ti puoi illudere di giocare una partita con un nuovo fischio d’inizio.
E chi se ne importa, se è finzione.
Ci cascano tutti perché tutti vogliono cascarci.

L’amministrazione sostiene che facendo tutti questi spettacoli (DallaDeGregoriStevieWonderMalikaClericiLiricaLigabueEccetera) la città acquista visibilità e importanza, e che ne nasce un indotto.
Può essere.
Ma a spese della vita vera.

Quel che stan facendo questi municipi è fare delle loro città il piccolo palcoscenico mobile su cui far sentire i loro cittadini protagonisti di uno show senza bisogno di fare i provini per Amici o per il Grande fratello.
Cosa di meglio che uno scenario storico per ambientarvi lo spettacolino al quale chiunque di noi può partecipare?
Chissenefrega dell’Arena, della piazza, della qualità dell’aria, degli spazi di sosta, dei passeggini e delle sedie a rotelle.
Per questioni di decoro, niente kebab e niente panini mangiati vicini ai monumenti, ma transenne di metallo ricoperte dalle locandine dei concerti che faranno al Castello di Villafranca, oh, quello sì che va bene, tutt’intorno all’Arena.

Di questo passo, la lotta per finire sul Monopoli potrebbe addirittura sfociare in una guerra, chissà.
La distinzione fra ciò che è vero e ciò che è rappresentato è completamente saltata…