scrittori e cittadini

Da Giulio Mozzi (che a sua volta riprende il manifesto), un brano di un articolo scritto da Christian Raimo a proposito della lettera sottoscritta contro il disegno di legge sulle intercettazioni da alcune persone che hanno pubblicato con la casa editrice Einaudi.

Perché degli autori Einaudi hanno deciso di esporsi in prima persona e come gruppo con un comunicato fortemente politico contro il ddl intercettazioni? Per varie ragioni, alcune complesse.

(…)

La seconda è la consapevolezza che in alcuni momenti gli scrittori devono (purtroppo) mettere fra parentesi la loro capacità di rielaborare la complessità del mondo, e ribadire l’ovvio. E l’ovvio in questo caso è la libertà di espressione.
Non si tratta di fare gli scrittori impegnati, gli intellettuali engagé.

A nessuno dei firmatari dell’appello piace impersonare l’anima bella che si scaglia contro il governo, nessuna delle persone che ha a cuore la letteratura vorrebbe essere costretta a usare la parola per appelli e comunicati.

Se si è scelto di scrivere romanzi invece di fare politica attiva è per sognare di contrastare un regime totalitario scrivendo Il processo o Il maestro e Margherita.
Abbiamo firmato quest’appello come semplici cittadini.

Come semplici cittadini.
È una precisazione che giudico di importanza capitale.
Come cittadini; che è ciò che, politicamente, tutti noi siamo.

E come dice Giulio Mozzi nel dialogo a conclusione del suo post, «prendere posizione è solo un passo. Adesso comincia la corsa: bisogna parlarne con qualche milione di italiane e italiani, soprattutto quelli che pensano l’esatto contrario».

Prendere posizione è un passo.
Poi c’è la politica.
Da cittadini; non da profeti, non da avanguardie, non da intellettuali organici, non da intellettuali militanti.
Da cittadini che hanno idee.