orgollio e pregiudissio

Alcuni dei cartelli di informazione turistica della mia città – quelli nei quali si pubblicizza la possibilità di celebrare qui, da stranieri, il proprio matrimonio con rito civile – erano scritti in un ridicolo inglese maccheronico. La loro comparsa in città, va aggiunto, risale a molti mesi fa.

I giornali l’hanno scritto (alcuni con un’aria di sufficienza) in questi giorni.

L’assessore alla cultura, invece di sentirsi toccata da un senso di vergogna (certamente non personale, è chiaro), ha replicato dicendo che invece di dirlo ai giornali, coloro che hanno notato gli errori avrebbero dovuto dirlo al Comune: perché il fatto che l’abbiano invece comunicato alla stampa fa sorgere il dubbio che l’intenzione fosse quella di ridicolizzare la città.
Colpa, a quanto pare, paragonabile per gravità al disfattismo secondo la dottrina Mussolini.

Ora.
Non tutti i cittadini sono così incolti e provinciali come l’assessore mostra di credere laddove sottintende che nessuno, prima che i giornali ne parlassero, s’era accorto degli errori.
Io, per esempio, credo che in parecchi abbiano capito che «merry» invece di «marry» era un errore.

Che l’assessore non ammetta che a ridicolizzare la città – sempre che il centro della questione stia qui – sono eventualmente stati i cartelli in sé stessi mi fa pensare che la prima molla che scatta è quella del vittimismo: oh povero me che sono tanto bravo e invece questi cattivi mi trattano male, e la seconda, invece, quella dell’«aùmm-aùmm» (qualunque cosa può succedere, ma che non si dica in giro e resti fra noi).

L’atteggiamento che non saprei definire se non qualificandolo intrinsecamente omertoso è comparso anche nella vicenda del concerto del cantante Morgan, al quale il Comune non ha concesso il teatro romano motivando il rifiuto con l’argomento che Morgan aveva confessato di avere usato la cocaina.

Se l’avesse usata riservatamente, ha detto il sindaco, nessuno avrebbe eccepito alcunché. E il presidente leghista della giunta regionale Zaia s’è spinto a dire che il veto a Morgan varrà in tutto il Veneto.
Certo: ci sono locali privati che potrebbero invitare Morgan a suonare. Ma chi dà a proprietari e gestori di questi locali la garanzia che invitare Morgan non complichi le loro relazioni con le amministrazioni locali?

Per leggere la reazione dell’assessore alla cultura, cliccare qui.

Per leggere l’affermazione del sindaco di Verona secondo cui la colpa grave di Morgan «è stata proprio dichiararlo pubblicamente… Se uno sniffa cocaina in privato non è un problema che ci riguarda, ma se lo dichiara, dando pubblicità al fatto, è decisamente una cosa diversa e noi non ci stiamo a veicolare questo tipo di messaggi», cliccare qui.

Per vedere i banner pubblicitari di società private di wedding planning pubblicati sulla home page del sito istituzionale che il Comune ha dedicato all’iniziativa «Sposami a Verona», cliccare qui.

Per domandarsi come si può tradurre «dove puoi sposarti», o anche se la formula «what you need to be married» ammetta come possibile risposta cose come «un bel fisico» e «un carattere accomodante», cliccare qui; per chiedersi perché si sia scelto «tariffs» invece che «fares», cliccare qui.

Per domandarsi perché un cittadino non Ue paga di più vale lo stesso link.

Segnalo infine una cosa deliziosa che si trova qui:

Promise of Love
Symbolic Ceremonies

The promise of love at Juliet’s house, a ceremony reserved for boyfriends or unmarried couples who just want to declare their feelings on the balcony most famous in the world.
A moment of intimacy to declare their love, every day during normal opening hours of the House.
In full respect of the normal tourist business and visitors.

Mi domandavo, per dirne una, boyfriends in che senso.
None of my (normal tourist) business, naturalmente…