ah, ecco: il problema è la serietà

Dall’Ansa:

IMMIGRAZIONE: ZAIA; BENE BERLUSCONI, RISPETTO NOSTRE LEGGI

(ANSA) – VENEZIA, 22 OTT – «Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha perfettamente ragione quando afferma che “i diritti degli immigrati non sono assoluti, devono comportare anche dei doveri”; il nostro “prima i veneti” significa proprio questo».
Lo ha affermato il presidente del Veneto Luca Zaia, commentando le affermazioni rilasciate da Berlusconi su questo tema alla Frankfurter Allgemeine Zeitung.

«Affermare “prima i veneti” significa che chi decide di venire da noi deve farlo secondo un progetto di vita serio, accompagnato da altrettanto serio rispetto delle nostre regole, come noi facciamo e faremmo a casa loro.

E quando diciamo che servono almeno dieci anni di residenza per chiedere la cittadinanza – ha concluso Zaia – non vogliamo imporre ostacoli ma un periodo che è il minimo per verificare la serietà di chi ci fa questa richiesta. La cittadinanza è cosa diversa dalla libera circolazione».


L’affermazione berlusconiana secondo cui «i diritti degli immigrati non sono assoluti, devono comportare anche dei doveri» implica che per un immigrato il godimento di un diritto non è un diritto (chiedo scusa per il bisticcio di parole), ma una graziosa concessione che viene riconosciuta a condizione che l’immigrato se la meriti osservando alcuni doveri la cui natura e la cui durata decidiamo noi. Anzi: loro.

In una parola, un diritto di un immigrato non è un diritto.

E poi.

Poiché la serietà afferisce senza dubbio alla sfera morale, dall’argomento secondo cui un immigrato deve trasferirsi «da noi» solo «secondo un progetto di vita serio» deduco che secondo Zaia l’immigrazione è una questione morale.

Non l’espressione di un fenomeno economico con una storia, un perché contestuale.
Non un evento che travolge – sì, eccome – i destini individuali ma nasce in moltissimi casi in un contesto tutt’altro che individuale: in un contesto il più delle volte politico.

E se la questione è morale, ne deduco che lui (e Berlusconi) ritengono di avere titolo per giudicare, oltre che le proprie, anche le questioni morali degli altri.