le vittime vittoriose

Nel generale annichilimento politico della categoria del lavoro salariato, spiccano piccoli segni e minuscole questioni che sembrano dettagli secondari e invece non lo sono.
Penso alla riduzione del numero e della durata delle pause alla Fiat; e il taglio di due dei tre intervalli che Trenitalia ha introdotto a Bologna nell’orario di lavoro dei dipendenti che stanno davanti al monitor allo sportello.

Queste pause vengono pacificamente identificate con denominazioni esplicitamente allusive ad atteggiamenti moralmente reprensibili: pausa caffè, pausa sigaretta…
Molte persone riterranno che finalmente, togliendo queste pause, si spazzino via gli ingiusti privilegi goduti da troppi intollerabili sfaccendati: socialmente, d’altra parte, prevale un generale senso di ferocia che ha rivisitato in modi imprevedibili il concetto di giustizia (sociale ma non solo), ricorrendo all’uso del concetto apparentemente equo di merito (con cui tanto ho molestato i viandanti che si soffermavano dalle parti di questo blog).

Io penso che chiunque, qualunque sia il lavoro che svolge, stacca il cervello ogni tanto. Pensa alle cose sue, si alza dalla sedia.
Non è possibile mantenere ininterottamente lo stesso grado di concentrazione per molte ore.
Lo sappiamo tutti; e ciascuno per sé, sul proprio posto di lavoro, quando le circostanze glielo consentono prende il largo con la testa, con il cuore, o lascia fisicamente il luogo dove sta per sgranchirsi le gambe o andare in bagno.

Eppure, quando questo comportamento risulta formalizzato in intese aziendali o in contratti nazionali di lavoro, la percezione collettiva delle cose muta in un istante.
Sono cose alle quali non si ha diritto. Magari perché io non ce l’ho, e allora invece di pensare che dovrei averlo anch’io, quel diritto, e che la tua battaglia può aiutare me, ecco che quel che m’interessa è togliere quel diritto anche a te.

Invece di star meglio io, vorrei che stessi peggio tu: che è – appunto – la nuova idea di giustizia sociale.

Gli altri, non noi, son privilegiati.
Noi siamo sempre le vittime di quei privilegi.
Il nord è la vittima di Roma, del sud, degli immigrati…
Le imprese sono vittime dei sindacati, delle pretese dei lavoratori…
I ricchi sono vittime della tassazione esagerata, che li spinge a evadere…

Le vittime, insomma, son coloro che politicamente e culturalmente hanno vinto.
A me questa cosa sembra estremamente singolare. Molto curiosa.