vai al lavoro? no, allo sciopero

Due cosette veloci.

Una.
Il diritto di sciopero (che detta così, ormai, vien da ridere; l’altro giorno un mio amico mi ha detto che sta preparando l’esame di diritto del lavoro. Gli ho detto di sbrigarsi a studiare, perché in poco tempo non avremo più alcun diritto del lavoro).

Copio da Repubblica: dice il presidente della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali Antonio Martone che il grande numero di scioperi proclamati ha queste cause: “L’eccessiva frammentazione della rappresentanza in relazione anche all’articolazione del processo produttivo dei servizi pubblici essenziali, come conseguenza della spinta verso la liberalizzazione e la privatizzazione e, di riflesso, della necessità di contenere i costi”.

Cioè: di ragioni per scioperare non ce n’erano una o due o dieci, ma una quantità enorme, a cominciare dalla riduzione degli stipendi e/o degli organici (lui è così carino da definire tutto questo “necessità di contenere i costi”), passando magari anche per la frammentazione del proprio potere contrattuale di categoria.

E dunque, siccome gli scioperi sono stati un casino in virtù del fatto che ci sono stati un casino di motivi per scioperare (e lo dice proprio Martone, mica io), beh, allora invece di diminuire le ragioni per cui ha senso far sciopero a questa gente viene in mente di ridurre lo sciopero.

Spaziale lo sciopero virtuale (se è rimasto uguale alla formulazione di cui avevo già scritto qualche tempo fa proprio qui).
Tu lavori ma non prendi la paga però protesti silenziosamente e con grandissima educazione.
Il tuo datore di lavoro non paga nemmeno una minimissima conseguenza negativa per il fatto che tu staresti protestando proprio contro di lui.
In compenso, mette la tua paga a disposizione di un fondo per non so quale solidarietà.

Non è fantastico?
La seconda cosa me la sono dimenticata.
Ma è possibile che fosse una cosa tipo “buonanotte”