stella e brunetta, una coppia antisismica

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Solo ieri il grande ministro Brunetta faceva una delle sue proposte ardite e suggestive: perché – si domandava – non introduciamo l’obbligo di assicurare le costruzioni?
Non sono stati molti né quelli che gli hanno detto che era un’idea un po’ così, né quelli che l’hanno lodato.

Sentivamo la mancanza di qualcuno che gli desse convintamente ragione dalle colonne del solito quotidiano della borghesia italiana, quello che ha «partorito» il figlio deforme e osceno chiamato Style (e voglio vedere dove se lo mettono, in queste ore abruzzesi, un rivistone patinato che parla di yacht).

L’abbiamo trovato.
È Gianantonio Stella, più realista di re Silvio.

L’imperial piano-casa doveva, in origine, dare la possibilità di ampliare le case in deroga ai piani urbanistici, perché così l’economia si rivitalizzava e il presidente pompiere già aveva fatto il calcolo di quanti soldi sarebbero usciti dai conti correnti degli italiani che volevano aggiungere pezzi alle case. «Chiamate i progettisti», ha detto la settimana scorsa. «I lavori possono partire».
Gianantonio ci avrebbe solo aggiunto una postillina: «Chiamate anche la compagnia di assicurazioni».

Da qualche parte leggo che il cemento armato delle costruzioni avrebbe potuto reggere benissimo se solo fosse stato impastato con sabbia di cava invece che con sabbia di mare, piena di sale e quindi corrosiva per il ferro che arma il cemento.
Leggo che uno dei problemi sono le leggi antisismiche, mai entrate in vigore, e dilazionate – prima del terremoto – anche dal solerte governo Berlusconi (che poi le circostanze hanno forzato – leggo – a cambiare idea).
Leggo che uno dei problemi sono stati i controlli sulle costruzioni, le aste al ribasso, le tangenti pagate, gli amici degli amici…

Ma per Stella è più importante citare ad esempio la superiore cultura degli altri Paesi, quelli in cui, perbacco, le case vengono assicurate, di modo che l’emergenza pubblica e nient’altro sia ciò di cui effettivamente si debba far carico lo Stato.
Tutti più civili di noi, caspita, negli altri Paesi.

Non gli viene in mente che in Giappone – assicurazione o no – le case sono effettivamente antisismiche.
No.
Per lui è più importante il circolo (indovinate?) «virtuoso» che si metterebbe in moto se tutti avessimo la decenza civile di assicurare le nostre case costruite con cementi schifosi in deroga alle norme, e in regime di sanatoria.
Ma sì. Che bell’idea. Assicuriamoci tutti.

«Quanto avrebbe da guadagnare l’Italia condividendo i rischi pubblici con le grandi compagnie private, lo dice la tabella elaborata dal Cineas, il Consorzio universitario del Politecnico di Milano che si occupa della cultura del rischio».
Cosa si potrebbe volere di più?
Assicurarci è civile e farebbe guadagnare l’Italia.

«Come ha spiegato Renato Brunetta ieri sul Corriere», scrive Stella, «la polizza obbligatoria si tirerebbe dietro alcune conseguenze virtuose che sarebbe un peccato sprecare».
Ma che carini.
Invece di cominciare dall’inizio (rispettare le leggi edilizie: l’abc), cominciamo dalla fine: assicuriamoci, di modo che il progettista ladro e l’impresa ladra siano eventualmente legalmente autorizzati a passarla liscia. Solo così ci saranno le «conseguenze virtuose che sarebbe un peccato sprecare».
Ma sì: riportiamo ogni pezzetto della vita pubblica alla privatizzazione sostanziale dei rapporti sociali; rifugiamoci nel diritto civile!
Così sì che avremmo salvato le vite delle persone abruzzesi che sono morte. Così sì che le due ragazze disperate della foto non avrebbero avuto il cuore spezzato.

Sentivamo la mancanza di uno che corresse in soccorso dei vincitori. E con quell’aura da cacciatore di sprechi che tanti allori giornalistici e politici garantisce in questi anni miseri e incapaci di fronteggiare la complessità delle cose.