le doti di un sindaco

fiumicinoMercoledì sera ero all’aeroporto di Roma Fiumicino, seduta al gelo di un’impossibile aria condizionata ad aspettare che decollasse l’aereo che mi avrebbe riportata a Verona in tempo per partecipare alla pizza di classe di mio figlio.

Naturalmente non ce l’ho fatta, perché l’aereo è partito solo ed esclusivamente dopo che è arrivato, con due ore di ritardo, un tale dall’aria stropicciata di cui nessuno s’era accorto nei 120 minuti trascorsi al cancello delle partenze.

Di fianco a me c’era un tipo alto di 51 anni (l’ha detto lui), con una cravatta arancione.
Accanto a lui c’era un donnone piuttosto materiale che in passato – «quanti anni? Venti? Trenta? Tu ti ricordi?» – era stata la sua fidanzata.
A destra del donnone – che aveva polsi, caviglie e collo tutt’altro che esili – un collega dei due.
Mi pare di aver capito che il trio militi nel medesimo settore professionale.


Cravatta arancione ripeteva che amava ancora quel donnone, oh quanto l’amava, che non s’era mai ripreso, che l’avrebbe amata per sempre.
Il donnone ha cinque figli, lui – credo – due.
«Mi ricordo ancora quando mi hai regalato quel cd…», ha detto cravatta arancione.

Il terzo collega ha colto qualcosa di strano: «Sicuro che non fosse una cassetta?».
«No», ha risposto cravatta arancione. «Era un cd, sono sicuro. Era degli 883».
«E allora non era stato trent’anni fa!».

È così che a volte ci stringiamo da soli un cappio intorno al collo.

Beh. Comunque.
Cravatta arancione a un certo punto s’è messo a parlare di politica.
Oddio: di politica non proprio.
«Ah», ha detto. «Noi a Verona abbiamo il sindaco più forte d’Italia; il più bravo. È uno che quand’è sì è sì, e quand’è no è no».

Non è male come contenuto politico sulla cui base decidere chi votare.
Quand’è sì è sì e quand’è no è no.
Non che non capisca che è una sorta di maschio elogio del decisionismo.
Ma mi colpisce che sui contenuti della decisione non si ritenga nemmeno di doversi interrogare più.
Lui decide, e tanto basta.