polverini di democrazia

Il tono generale e la temperatura media della reazione che a destra si sta manifestando contro l’esclusione della lista della Polverini rende chiare molte cose.

Chiedere l’intervento del presidente della Repubblica per una questione che ha un suo alveo istituzionale in cui maturare e concludersi è segno di quanto inutile la pancia della destra consideri qualunque alveo istituzionale.

Argomentare che una questione burocratica non può impedire l’esplicazione di ciò che viene definito una piena rappresentanza dell’elettorato dimostra che la fissazione di un termine – in questo caso, di un termine orario – viene vissuto come un vincolo al quale ha senso che si attengano gli altri, mentre invece loro possono decidere in tutta libertà se rispettare o no quella scadenza, eventualmente invocando una violazione democratica.

Sostenere che «vogliono cancellare la democrazia» significa come minimo, e nella migliore delle ipotesi, avere l’idea che la democrazia sia una questione elettorale. Nella peggiore, che essa sia ciò che consente loro di invocare criteri sostanzialisti ogniqualvolta la forma minacci di azzerare le loro ragioni.

Appellarsi alla piazza – lo fa la Polverini – significa un sacco di cose: in primo luogo non aver compreso la differenza fra l’essere segretaria di un sindacato di lavoratori e l’essere candidata alla guida di un’istituzione; in secondo luogo (ma non secondo per importanza), significa sbattere i piedini per terra come un bambino. Solo che un bambino lo fa da solo, e loro vogliono farlo insieme al cosiddetto «popolo».

Denunciare per violenza privata i radicali che – viene detto – hanno impedito l’accesso al presentatore di lista significa manifestare la convinzione che il ricorso ai tribunali va bene solamente quando possa servire a dar ragione ai loro. Mai invece un tribunale vedrà da loro riconosciuta la sua autorità se darà loro torto. Il giudice come interdittore va benone, ma solo se deve bloccare gli altri.

Inorridisco al pensiero di quel che potrà succedere quando questa gente convocherà il suo «popolo» via Facebook a manifestare contro quel che non è gradito: il termine di presentazione di una lista, o qualunque altra cosa si presti ad essere esaminata in termini pretesamente «sostanzialisti» contro il «formalismo» di coloro che pensano che le regole abbiano a volte un senso.
Quando succederà, le ronde non serviranno più.