veneto: trapianti, disabili e menzogne

La Regione Veneto esclude categoricamente dalla possibilità di ricevere la donazione di un organo le persone che abbiano «danni cerebrali irreversibili e ritardo mentale (quoziente di intelligenza inferiore a 50)».
La notizia è qui. Carta canta (e villan non dorme ma sbraita a vuoto).

Eppure, la Regione (e vabbè) e il Corriere della Sera stanno da due giorni conducendo una campagnetta assolutoria nella quale smentiscono ciò che è scritto e dan credito alle parole volatili del potere che si autodifende.

C’è un documento pdf allegato a una deliberazione della giunta regionale del Veneto.
La delibera ha un numero, è nel Bollettino ufficiale della Regione.
Il documento pdf – c’è scritto nella deliberazione – costituisce parte integrante della deliberazione.
Tradotto, vuol dire che il documento pdf è ufficiale quanto la delibera.
Eccone la prova, tratta da qui:

Il documento, di cui all'”Allegato A” del presente provvedimento per farne parte integrante e sostanziale, risponde alla necessità di fornire ai Centri di procurement e trapianto della Regione Veneto uno strumento tecnico sintetico per garantire un’assistenza adeguata ed integrata a tutti i protagonisti (pazienti, famiglie, operatori sanitari ecc.) coinvolti nell’iter dalla donazione al trapianto.

Fin qui le questioni tecniche.

Ora la storia.
La Regione Veneto, con deliberazione della giunta regionale numero 851 del 31 marzo 2009 (per comodità del lettore ripeto il link), ha stabilito ciò che essa stessa definisce «linee guida per la valutazione e l’assistenza psicologica in area donazione-trapianto».

A parte il pdf da considerarsi parte integrante della deliberazione, non c’è notizia dell’esistenza di alcun altro documento successivo che limiti, attenui, modifichi o aggiorni in qualche parte la delibera o l’allegato che ne è parte integrante. E l’assessore regionale alla sanità, nella sua autodifesa, non cita in nessun modo l’approvazione di qualche successiva deliberazione, a emendamento anche parziale di quella adottata dalla giunta nel marzo 2009.

Ecco cosa dice il pdf (per scaricarlo, il link è in fondo alla pagina web relativa alla deliberazione):

Costituiscono controindicazioni assolute al trapianto d’organo i seguenti fattori:
1. Psicosi florida;
2. Danni cerebrali irreversibili;
3. Ritardo mentale (Q.I. inferiore a 50);

4. Abuso/dipendenza da sostanze o alcool;
5. Ideazione suicidaria attiva;
6. Recente tentativo di suicidio;
7. Assenza di compliance terapeutica.

Dunque, è assai più che semplicemente ragionevole affermare che la Regione Veneto proibisce ai medici che operano nelle sue strutture di trapiantare organi su persone con «danni cerebrali irreversibili» e «ritardo mentale, con quoziente d’intelligenza inferiore a 50».

La terminologia è impressionante: «ritardo mentale» non lo sentivo dagli anni Settanta. Ma tant’è. L’esclusione nazista del diverso (cioè dell’inferiore) comincia sempre dalle parole.

Ora.
Ecco cosa dice l’assessore regionale.

«Le linee guida del Veneto in materia di trapianti non escludono assolutamente a priori le persone con ritardo mentale.
Sulla base dei documenti ufficiali del Centro nazionale trapianti e della letteratura scientifica internazionale consolidata si definiscono questi pazienti come persone alle quali porre una particolare attenzione rispetto a molti fattori, legati anche alle fasi del dopo trapianto. Dire che il Veneto esclude queste persone dalla possibilità di ottenere un trapianto è una falsità».
(…)
«Un sistema trapianti all’avanguardia come il nostro ha il dovere, e lo fa, di porsi tutti i problemi che possano portare al fallimento o alla cattiva riuscita di un trapianto anche perché, come tutti sanno, nessuno al mondo dispone di tanti organi quanti sono i richiedenti.
Bisogna anche garantirsi che l’intervento abbia il minor rischio possibile di tradursi in una morte precoce.
Nel caso dei pazienti con ritardo mentale, il Veneto si rifà a letteratura scientifica internazionale consolidata negli anni, che definisce i pazienti con quoziente d’intelligenza inferiore a 70 non come persone da escludere, ma come esseri umani ai quali porre particolare attenzione, perché presentano delle controindicazioni da valutare attentamente. Si tratta ad esempio di capire se saranno in grado di seguire le complicate terapie post intervento; se hanno o no una famiglia che li può assistere; se i comportamenti legati alla loro condizione potranno nuocere al buon esito del trapianto nel tempo; se sono necessari e possibili interventi di tipo assistenziale».

Il pdf, in effetti, dice che

Costituiscono, quindi, controindicazioni relative al trapianto i seguenti fattori:
1. Disturbi di personalità;
2. Disturbi psicotici in fase di remissione;
3. Disturbi affettivi in atto;
4. Gravi disturbi nevrotici;
5. Ritardo mentale con Q.I inferiore a 70;

Dunque, l’assessore smentisce cose che nessuno gli ha chiesto di commentare, e evita il punto: e cioè che le linee guida definiscano controindicazione assoluta al trapianto un quoziente d’intelligenza inferiore a 50 e controindicazione relativa al trapianto un quoziente d’intelligenza inferiore a 70.

Si parla di due cose diverse!!!

Ma passi pure per l’assessore, che è parte in causa.
Per carità: scandaloso che nessuno gli chieda: «Mi scusi, assessore: come diavolo può smentire ciò che sta scritto nero su bianco sul Bollettino ufficiale della Regione?». Ma vabbè.

Quel che veramente pare inescusabile è il lavoro che in sordina sta facendo il Corriere della Sera, che per esempio ieri scriveva questo:

Se è innegabile la limitatezza di organi disponibili, i cittadini sono tutti uguali? Oppure devono prevalere altri principi, ad esempio il rispetto di chi ha donato e dunque la necessità di dare il suo rene o il suo fegato ad una persona che potrà averne il massimo giovamento sul piano della qualità della vita?

E ancora.

Non potrebbe configurarsi come accanimento terapeutico il fatto di imporre un trapianto, e le pesanti conseguenze dei farmaci antirigetto, a un malato che non è capace di comprendere la cura?

Ecco.
Io non ho la minima pretesa di essere la misura del mondo, né penso di possedere la verità. Però se avessi scritto quelle frasi mi vergognerei di me stessa. Parecchio.

E cosa scrive oggi il Corriere? Ecco qui:

Casi sporadici. Che però, grazie a un articolo su una nota rivista scientifica hanno sollevato un polverone. E adesso il sospetto di discriminazione e ingiustizia incrina l’ottima fama del sistema veneto dei trapianti, uno dei migliori fra le regioni italiane.

Un polverone.
Sospetto.
Che maleducata, questa rivista.
Come se fosse un problema di marketing o di cattiva pubblicità, e non la reazione legittima di tre scienziati (tutto nasce da lì, dall’articolo scientifico di tre scienziati che contestano la discriminazione di questa norma regionale).


Come se ciò che è scritto fosse smentibile dalle parole.
Come se un giornale potesse diventare ufficio stampa di una regione, fosse anche una regione il cui «sistema dei trapianti» ha – bontà del giornalista – «un’ottima fama».

Ma c’è di più. Il Corriere informa (informa…) che l’ex responsabile del centro trapianti veneto

smentisce seccamente che le linee guida varate lo scorso anno dal veneto con delibera della Giunta escludano i disabili di mente dalle liste di attesa per avere un organo.

E lei, la giornalista, non è che gli dice «guardi che c’è un documento che le impedisce di smentire, e a tanta maggior ragione di smentire seccamente come se le stessimo rivolgendo un vergognoso insulto, questa esclusione dei disabili».
No.
Lei scrive che lui smentisce seccamente; e tanto – a noi caproni che leggiamo – deve bastare.

E non è tutto nemmeno adesso.
Ora lei spiega.

In pratica occorre avere la sicurezza che la persona una volta superato l’intervento sia in grado di sostenere e mantenere l’aderenza a terapie molto invasivi, di cui bisogna avere consapevolezza.

Cioè: il problema non è il senso della vita di un disabile, ma il senso che della vita ha un disabile.

E poi, anche lei ricorre allo stesso giochetto al quale è ricorso l’assessore regionale: mettere da parte come insignificante, come se nessuno l’avesse mai scritta, come se nessuna giunta l’avesse mai votata, la faccenda del quoziente intellettivo inferiore a 50 come controindicazione assoluta al trapianto, e concentrarsi speciosamente sulla controindicazione relativa per chi abbia un quoziente intellettivo inferiore a 70. Entrambe vengono infatti genericamente definite «controindicazioni», senz’aggettivo.
Ciò che fornisce il destro per poter dire che l’esclusione non è assoluta, ma viene valutata caso per caso e – figuriamoci se se ne poteva dubitare – con esclusivo riguardo all’interesse della persona malata.

Nelle linee guida vengono elencate dieci condizioni considerate come controindicazioni al trapianto (sbagliato: sono 7 quelle «assolute» e tredici quelle «relative», ndr).
Fra queste, l’insufficienza mentale gravissima, con quoziente intellettivo al di sotto di 50 e gravi (inferiore al 70). Ma secondo Rupolo «queste patologie non sono un criterio di esclusione assoluto».

E allora?
Quel che c’è scritto nel documento parte integrante della delibera che cos’è?
Carta straccia?
Esercizio di stile?
Provocazione scientifica?
Indicazione generica?
Tentativo di introduzione di criteri nazisti?
Scherzo di carnevale?
Voce dal sen fuggita?

Se è lecito dubitare perfino delle leggi scritte, quale garanzia resta ai cittadini?
Se ogni cosa è negoziale, è da valutare nella logica del caso per caso infischiandosene di ciò che dice la legge, da dove le traggo, io, le due certezze che mi servono come cittadina?

A cosa serve la legge, allora?
A chi?

E a cosa serve il giornalismo?