opportunità, diritti e istituzioni

Obama parla del centro islamico di cultura e preghiera che dovrebbe sorgere sul sito del vecchio World trade center, benché in un luogo non visibile da Gound Zero.

Riporta il Guardian :

Obama si è detto consapevole che il sito dell’attentato dell’11 settembre – che egli ha definito un «terreno consacrato» – è un luogo «sensibile», ma ha detto che i musulmani hanno diritto di praticare la loro religione «come chiunque altro».

In un discorso tenuto ad una cena in cui alla Casa Bianca si celebrava il Ramadan, ha ripetuto: «Come cittadino, e come presidente, io credo fermamente nel fatto che in questo Paese chiunque abbia gli stessi diritti religiosi. E questo include il diritto di erigere un luogo di preghiera e un centro comunitario su suolo privato a Lower Manhattan, in conformità con le leggi e i regolamenti locali.

Questa è l’America, e la nostra dedizione alla causa della libertà religiosa è incrollabile.

E queste, invece, sono altre parole di Obama riportate dal Los Angeles Times:

«Non ho espresso alcuna opinione né ne esprimerò intorno all’opportunità di stabilire la costruzione di una moschea in quel luogo. Ho parlato in modo estremamente specifico di un diritto che spetta alle persone fin dalla fondazione degli Stati Uniti. È questo ciò su cui si fonda il nostro Paese».

Mi domandavo se in Italia una distinzione così sostanziale ma così sfumata, così poco disponibile a tradursi in titolo di giornale, sarebbe comprensibile.
Con i tempi che corrono, intendo.

Giusto in queste ore un ministro della Repubblica straparla e dice che non proclamare le elezioni e cambiare semplicemente governo sarebbe «incostituzionale».

Il fatto che la Costituzione chiarisca bene che il presidente del Consiglio non viene eletto dagli elettori, ma incaricato dal presidente della Repubblica (e legittimato nel ruolo dal voto di fiducia della maggioranza parlamentare nei confronti del governo che egli ha formato) gli deve sembrare un formalismo da damerini effeminati e legulei che alle cene con gli amici non sono nemmeno capaci di fare una garetta di scoregge o un campionatino di rutti.

Non gli sembra rilevante – sempreché ne comprenda il senso – che una cosa è porre una questione di opportunità politica, e tutt’altra cosa è porre una questione istituzionale.

E nessuno dei miei colleghi che gli dica «ehi, ma che cosa stai dicendo?».