noi buoni (il veneto all’avanguardia)

A parte la triste considerazione che il Veneto trova sempre il modo per segnalarsi avanguardia della retroguardia, la proposta dei due consiglieri comunali Pdl di Martellago (Venezia) mi muove qualche pensiero tangenziale.

I due – sulla scorta di autorevolissimi suggerimenti – sostengono che vadano tolti dalla biblioteca comunale i libri degli scrittori che hanno appoggiato la causa di Cesare Battisti, del quale il Brasile ha recentemente rifiutato l’estradizione in Italia.

Uno dei due dice:

«Vogliamo stare dalla parte dei buoni, della polizia, dei magistrati perché Battisti è un assassino. Portiamo avanti il boicottaggio civile verso gli scrittori che lo hanno sostenuto. Colpire le loro opere sarebbe il risultato più grande».

Il desiderio di stare dalla parte dei buoni mi impressiona moltissimo. Affetta il mondo in due con la lama di un rasoio. Uno potrebbe dire «eh, ma Battisti ha ucciso delle persone, e non dovrebbe essere così difficile capire da che parte stare».
Bene.
Però spiegatemi perché la polizia sono i buoni.
Perché i magistrati sono i buoni (e tralascerò l’argomento impertinente che per il Pdl berlusconiano i magistrati sarebbero in realtà un cancro).

Spiegatemi perché lo sono per definizione, e in contrapposizione a quali cattivi: solo a Battisti? Ai terroristi lato sensu? Agli studenti anti-Gelmini? Ai tifosi di calcio (ovviamente a quelli «imbecilli» e non autenticamente tifosi)? Ai manifestanti? Agli operai Fiom?

E i buoni chi sono? Le vittime? I morti? O anche – tra i vivi – coloro che stanno al governo? Coloro che si dicono dalla parte delle vittime? Gli uomini e le donne in divisa?
E in questo quadro, la violenza dei buoni è ancora violenza oppure no?

C’è un’altra cosa che non capisco. Come può essere «civile» un boicottaggio che parte e nasce da un’istituzione contro dei singoli?
Levare dalle biblioteche i libri di alcuni autori – al di là del fatto che essi siano bravi, strepitosi, peracottari, personalmente immorali o semplicemente insopportabili dal punto di vista caratteriale – è un’azione che significa questo: che un’istituzione (il Comune) esercita un’indebita violenza ideologica ai danni di singoli che non hanno alcuno strumento per far valere il loro teorico diritto a continuare ad essere presenti in una biblioteca come autori di libri che le persone prendono in prestito.

Dice: ma loro hanno difeso un assassino.
Può darsi. E può perfino darsi non solo che essi abbiano aderito a una causa sbagliata, o che addirittura siano stati i veri autentici persuasori delle istituzioni brasiliane (ne dubito, ma vabbè).
Sono disposta anche a spingermi fino al punto di accettare che – eccheddiamine – queste amene consorterie letterarie composte di esimie figure di intellettuali che si sostengono le une con le altre diano a volte l’idea di un irritante salottino di insider decorato con le nappine.

Ma anche se tutto questo fosse vero (e francamente non lo so), vorrei a quel punto ricordare un paio di cose ai due uomini di cultura veneziani.
La prima è che dovrebbero levare dalla biblioteca anche tutti i libri di Fred Vargas.
La seconda è che nello spingere un’istituzione a schiacciare un cittadino – e a schiacciarlo per le sue idee – c’è una violenza da autentici «cattivi».

È un’azione che potrà anche avere un suo fascino perverso agli occhi di gentaglia vendicativa per la quale a uno che pesta i piedi è giusto tagliare le gambe; ma è comunque una violenza impari, indipendentemente da qualunque valutazione di merito.

Aggiungo una postilla che nasce dalla lettura di una nota di Gea Polonio su Facebook, e compare come commento già in quel thread.
Eccola.
E chissà che ora non la si smetta di minimizzare quel che accade nel Veneto, come se invece che un luogo violento e feroce fosse un posticino ameno per le ridicole peculiarità dei cui politici folcloristici basta alzare sdegnosamente un sopracciglio e ridersela da dentro il proprio fottuto salotto di sinceri democratici.