il merito secondo la fornero (o il pane e le brioches)

Sono particolarmente lieta di apprendere che per la Fornero – fonte qui

non c’è nessun motivo per creare tensioni sociali, «perché non sono stati calpestati diritti». La modifica […] «non ci sembra sia un cambiamento che travolge i diritti. Non è un motivo per creare gravi tensioni sociali».

Se me lo dice lei, che quando c’è da piangere sa farlo, mi sento molto più tranquilla.
Tanto più che finalmente adesso siamo tutti più educati, e non alziamo più muri per gli imprenditori stranieri; e questo consola assai:

«Vorrei che gli imprenditori dicessero: “In Italia si può investire, non è più un Paese che erige cittadelle, è un Paese nel quale si può competere e scommettere nel riconoscimento del merito”».

Questa è sublime.
Ricapitoliamo.
I licenziamenti per giusta causa ci sono sempre stati. Se un’azienda non ha licenziato un dipendente che non fa quel che gli viene richiesto, be’, quella è una decisione dell’azienda, che evidentemente trova più conveniente avere una certa quantità di «pesi morti», direi con un’espressione piena di grazia, per abbassare il livello di scontro interno.

Ora, quel che cambia è che questi licenziamenti vengono accompagnati dall’approvazione delle classi dirigenti. C’erano, continuano ad esserci; solo che prima parevano brutti, e ora ci dovrebbero parer belli.
La novità è il licenziamento individuale (che con un po’ di pazienza, rispettando i termini, si può trasformare in licenziamento collettivo senza passare per la trattativa sindacale) per motivi economici.

Quando si viene ingiustamente licenziati per motivi economici che non sussistono, il giudice non sarà obbligato a reintegrare il lavoratore cacciato senza presupposto fondato; può solo – dice il governo – stabilire un indennizzo.

E dunque, riprendiamo il filo: licenziare per giusta causa si è sempre potuto fare, e se le aziende non l’hanno fatto è un problema loro; licenziare individualmente per motivi asseritamente economici, sicuri che poi il giudice non poteva reintegrare nessuno al suo posto, non si è mai potuto fare.
Ora sì, se in Parlamento passa la formulazione in cui il disegno di legge è stato approvato dal governo.

Per la Fornero, questa condizione equivale ad affermare la meritocrazia nel nostro Paese.
Licenziare uno perché l’azienda asserisce di essere in difficoltà economica significa promuovere il merito.
E se il bilancio è alterato?
E se il denaro che manca è stato sottratto da un dirigente?

Quanto tempo dovrà restare senza lavoro – e con quali soldi dovrà pagare l’avvocato – un lavoratore licenziato che intenda verificare la fondatezza delle ragioni economiche addotte a motivazione del suo licenziamento?

E nessun giornalista le chiede niente del genere. Io non riesco a crederci.

L’ideologismo arrogante e in-significante di questa classe dirigente Hermès mi ricorda la questione del pane e delle brioches.